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Santa Messa a ricordo degli alpini caduti

Duomo di Milano, Piazza Duomo (Milano)

di Franca Cornea

Sono l'anima romantica dell'esercito italiano. Sono stati in Austria, nel Peloponneso, sul Don, nei Balcani, nel Corno d'Africa, pure in Afghanistan. Con il loro vino, i loro accenti transpadani, le loro speranze tranquille, i racconti e lo struggimento di fronte alle vette della vita e della morte. I tedeschi la chiamerebbero "Sehnsucht", l'italiano non ha parole per tradurre; forse l'unica traduzione possibile è lo Spirito alpino stesso. Erano gli unici italiani che, a guerra oramai persa, Hitler rispettava. Erano anche i compagni di mangiate e canzoni di Peppino Prisco, personaggio insostituibile della vera milanesità - fu sua l'idea di questa celebrazione annuale alla memoria dei caduti. Ebbene, l'Avvocato, due giorni prima di morire, era a cena con loro a sgolarsi sulle melodie eterne del "Signore delle cime" e "La montanara". Impossibile restare passivi ascoltando queste voci soavi e volitive, come rassegnate a un'esistenza di dolore ed estasi tra guerra e montagna. Ascensione, battaglia, pace. Gelo, fuoco, amore. Questa è mistica pura. Cosa buona e giusta che la si faccia in Duomo. Cosa buona e giusta che la si vada ad ascoltare. Sono armonie che portano in alto il cuore, e lo purificano in attesa della notte (santa).

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