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Escher

da venerdì 24 giugno 2016 a domenica 22 gennaio 2017, Palazzo Reale, Piazza Duomo 12, Milano

di Giacomo Dini

Il nome di Maurits Cornelis Escher non è associabile unicamente al mondo dell’arte. Le sue opere aprono a quesiti e suggestioni che hanno a che fare con la fisica, la matematica, la logica. Personaggio eclettico e fuori dagli schemi, attraverso la pittura e l’incisione Escher ha sempre cercato di interrogare le dimensioni dello spazio e del tempo, le leggi della natura e della scienza. Il suo uso dei poliedri, i suoi paradossi geometrici sono riusciti a rendere visibili alcune questioni altrimenti destinate a poter essere affrontate unicamente con gli strumenti del pensiero e della riflessione astratti. Si potrebbe quasi dire che il suo è stato un lavoro di traduzione e interpretazione, uno sforzo di unire il mondo dell’arte a quello della scienza e della filosofia.
In ciò Escher sembra un uomo d’altri tempi. Dei tempi in cui alcuni greci come Pitagora o Platone avevano visto con chiarezza lo strettissimo legame che tiene insieme numeri e bellezza, proporzioni geometriche e armonia del cosmo. Perciò una mostra che lo riguardi può essere doppiamente interessante. Da una parte, si ha infatti il piacere di assistere a opere esteticamente compiute, dall’altra ci viene allo stesso tempo rivolto l’invito a considerare lo statuto di quella logica razionale che normalmente utilizziamo per interpretare il mondo e i suoi linguaggi, così da poterla mettere in discussione. Almeno per una volta.
C’è da dire, inoltre, che da questa impostazione ne deriva uno dei problemi più affascinanti dell’estetica e della filosofia dell’arte. È l’arte nient’altro che il rispecchiamento di un ordine già presente nell’universo o è invenzione pura, atto libero del genio-uomo? Naturalmente non esiste una risposta definitiva: su questa tematica sono scorsi litri e litri d’inchiostro e ogni presa di posizione rigida è risultata da ultimo quantomeno parziale.
Escher si guarda bene dal rispondere. Come ogni artista che si rispetti, si “limita” a porre delle domande, ad allargare l’orizzonte della riflessione e dello spirito critico, a mostrare fette di realtà solitamente invisibili. E, dal punto di vista dell’osservatore, non si può far altro che rispondere a quell’appello girovagando con la mente per le stanze di questi mondi paralleli e inaspettati.

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