Grazia dell’illusione e arroganza del tratto, l’architettura provoca sentimenti, sebbene il filtro dei materiali annacqui l’obiettività del giudizio. Ci ospita, ci protegge, ci rappresenta. Assorbe i pensieri di chi la progetta come di chi la vive, ed è per questo che l’arte la indaga da sempre. I Becher la fotografano, Buren la misura, Casebere gli appiccica metafore, Matta-Clark la destruttura e rompe, Rousse ne dipinge i cantieri, infine Oppenheim la rovescia, come fece a Venezia, nel 1947. Sei riflessioni sull’epitaffio di Ponti che nascondo nella citazione e nell’esercizio di stile l’insidia di sei pensieri complessi. Non si tratta di una serie di paragoni estetico-concettuali ma la costruzione di punti di rilettura dello spazio tridimensionale dell’edificio, pensato come scultura, come performance e set. La monumentalità del quotidiano improvvisamente pervasa di sacro. Modelli evocati, quasi sempre indistruttibili, reiterati e consegnati al mito come silos, gasometri, cantieri incompiuti.
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Ciocca Arte Contemporanea, via Lecco 15 - Milano
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