Invecchiare vuol dire anche vedere i tuoi “gruppi” preferiti organizzare i cosiddetti tour di addio: c’è chi lo fa per divergenze artistiche, chi per scazzi più o meno chiari, chi ancora per senilità precoce. I Noisia, dopo aver scritto quasi 20 anni della (mia) storia della musica, sembrano rientrare nella fascia “divergenze artistiche”, promettendo un’evoluzione individuale del loro percorso di sound designer prestati al club. Un’influenza debordante la loro, che va oltre il movimento drum’n’bass, di cui sono stati sicuramente una delle punte di diamante degli ultimi vent’anni, per arrivare alla definizione di un’identità di sound che in pochissimi nella storia del clubbing alternativo sono riusciti a raggiungere.

Al netto delle dicerie secondo cui il trio abbia lavorato come ghost producer degli esordi sconvolgenti (nel bene e nel male) del fenomeno Skrillex, il sound dei Noisia è stato fra i pochi a sopravvivere alla cosiddetta „era dubstep” senza snaturarsi in techno di comodo o damnatio memoriae assortite. Hanno semplicemente sempre fatto più o meno quello che volevano e l’hanno fatto così bene che nessuno si è mai posto il problema a quale corrente o trend musicale appartenessero. Cose scontate per un, che ne so, Aphex Twin, ma sicuramente non per un produttore d’n’b. Vediamo il bicchiere mezzo pieno: da quest’anno avremo 3 produttori della madonna in giro a far danni al posto di un trio.