Qualcuno una volta mi ha detto che ogni buona rivista ha i giorni contati. Il discorso era specificatamente sulle riviste letterarie, e ci si diceva: se durano troppo finisce che s’ingarbuglia tutto, che si perde il ritmo del filato editoriale, e se poi s’insiste succede – tendenzialmente – che si dicono le stesse cose che dicono tutti gli altri. E allora Rivista Taldeitali diventa soltanto un divertissement, figlia storta dell’arte per l’arte, salvabile soltanto con una buona domanda: che senso ha, a quel punto, proseguire con una rivista (oggetto che per natura è un Luogo, un incontro di persone)? La risposta esatta è semplice: meglio finirla. Via, un taglio netto al momento giusto. Quando si è detto bene ciò che si poteva dire e un attimo prima di cominciare a dirle male. Insomma, l’eutanasia editoriale è, all’occorrenza, un’ottima strategia: assicura una certa consapevolezza.
L’eutanasia editoriale è, all’occorrenza, un’ottima strategia: assicura una certa consapevolezza.
Questo breve cappello serve tanto per inquadrare sommariamente un discorso più ampio sui molti magazine che pur nonostante l’aumento del costo della carta nascono negli ultimi mesi, quanto per introdurvene uno nuovo che sulla durata di cui sopra ha le idee chiarissime: PAROLA magazine.
Quattro uscite, non una di più e non una di meno. Ogni numero è costruito verticalmente su una parola-tragitto, e lavorata a corollario raccogliendo progetti fotografici e interviste, queste ultime trattate come “ammasso”: stesse domande a ogni persona e risposte editate e montate dalla redazione per ottenere una “voce” senza nome, per costruire un discorso collettaneo con tutti i crismi e le alleanze del caso. Vien da dire che si persegue quell’orizzonte tematico che come uno spettro perseguita le arti da sempre, la scomparsa dell’autore nell’atto espressivo – ve l’abbiamo detta grossa, lo sappiamo, ma è una buona suggestione.
Insomma, “parola” senza chi la pronuncia anche quando l’ha pronunciata. Un’autonomia tutta speculativa che vuole riconoscere nel brusio di chi parla lo stato dell’arte di un certo tema, che dosa e pesa le parole, consapevole che questi discorsi sono circoscritti a un dato momento e che hanno, quindi, una durata, che per PAROLA magazine è di quattro numero e quattro discorsi sul contemporaneo. Questa prima parola è MUSEO. Ampia quanto basta e con quella deliziosa storia critica e problematica nella modernità per impegnarsi davvero a trovarci dei limiti, per dosare quanto si dice. Le parole raccolte sono quelle di importanti direttrici e direttori, curatrici e curatori (tra i tanti, Paola Antonelli per il MOMA, Mami Katoka per il MAM di Tokyo, Akansha Rastogi per KNMA di New Delhi) e altrettanti fotografi.
Poi, ovviamente, ogni redazione – per quanto informe e tribale che sia – ha dei nomi propri, che per PAROLA magazine sono quelli di Leonardo Caffo, Roberto Maria Clemente, Rica Cerberano, Marina Barbieri assieme a KADMONIA (Germano Centorbi e Susanna Carraro) e Sara Zambon.
Per l’occasione del lancio del magazine da Edit, assieme alla buona birra, ci saranno a cura di Kadmonia anche i dj set della Francesca Heart, con quelle sonorità acquose che s’increspano in sampling tintinnanti – con riferimenti costanti a un paesaggio sonoro primordiale, onirico – per un’atmosfera taumaturgica subito poi seguita dai sussurri a singhiozzo spezzati dai beat elettronici a basso carsico di oak9000.
Geschrieben von Piergiorgio Caserini