Quando nel 2009 dovette affrontare la grande installazione nella Turbine Hall della Tate Modern, Miroslaw Balka non ci andò leggero: in risposta al celeberrimo sole di Olafur Eliasson, decise di ricordare al mondano pubblico dell’arte che siamo nati per soffrire, e piazzò un gigantesco container di 30 metri per 10, caverna simbolica per fare esperienza del buio assoluto, intitolata How It Is. Gli habitué dell’Hangar faranno spallucce, dopo avere esperito il doppio corridoio buio di Carsten Holler, ma qua è necessario abbandonare i toni ludici. Come ci si aspetta da ogni buon artista polacco, Balka condensa nella sua opera riflessioni profonde su storia e memoria, utilizza un linguaggio severo, cupo a tratti, e un registro eroico. Sicuramente i suoi lavori esposti in Crossover/s faranno ottima compagnia alle torri di Kiefer, se non altro per una consonanza tematica, ma funzioneranno anche da contrappunto: rispetto all’interpretazione iconica, monumentale del tedesco, la ricerca di Balka si concentra sul coinvolgimento esperienziale dello spettatore, sulla stimolazione percettiva, sulla forza della sinestesia.