Hai voglia a criticare. “Una volta si pagava meno, c’erano i proletari, le birre erano migliori…”, quante ne ho sentite. Gli aspiranti detrattori sono sempre lì: una weizen o una doppio malto in mano (ottima la Harp Super), a ricordare i tempi che furono, quando il Roialto (ora 55 Milano…) era un’autorimessa, il Gattopardo una chiesa, e di cinesi, in zona, neanche l’ombra. Perché una birra alla mitica “Stalin” se la sono fatta tutti, magari quando ancora si andava al liceo… Se si volesse essere minimali basterebbe un aggettivo: accogliente. Ma aggiungerei anche schizoide. Sì, perché la Stalin è una birreria con tanto di bancone scippato a qualche pub di Dublino e avventori giovani giovani, che se s’azzardano a darti del lei saresti capace d’uccidere, ma è anche un ristorante bolognese nell’aspetto e milanese nel cuore. È la trattoria sotto casa, quella con i piatti di ceramica spessa, i camerieri simpatici e i clienti d’ogni tipo. Quella con una cultura di sinistra che trasuda dall’intonaco e le portate buone che di Master Chef (grazie a dio!) non ne sanno un’acca. Non è che verrete qui per una serata mondana (attenzione: la cucina chiude alle 22), ma per rilassarvi e andare sul sicuro con una tagliata, una cotoletta o con qualche immancabile primo (vedi orecchiette alla salsiccia). Il vino? Della casa, ovviamente (ma se volete c’è anche la lista). E il coperto? Mai sentito nominare.
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