Perché Via dell’Aeroporto? Io sapevo che a Roma di aeroporti ce ne fossero due: Fiumicino e Ciampino, che all’epoca neanche minimamente poteva immaginare come sarebbe stato ribaltato dalla nascita delle compagnie low cost. Da ragazzino, per circa dieci anni, ho fatto la spola ogni giorno tra Garbatella e Tuscolana per andare a scuola, conveniva così per tutta una serie di questioni lavorative dei miei. Ogni giorno quindi attraversavo per due volte la zona Don Bosco e spesso capitava anche di percorrere o sentire nominare Via dell’Aeroporto. Di velivoli che decollavano o atterravano però non ne vedevo mai nessuno: grande disappunto. Ogni tanto sentivo nominare anche Via di Centocelle, avevo la vaga idea che potesse essere un quartiere di Roma e pensavo che il suo nome derivasse dal rudere di un carcere lì ospitato secoli addietro, ben lontano dal centro della città. O Forse anche un campo di prigionia di una delle due guerre mondiali. Vallo a sapere. Mi ci sarebbero voluti altri dieci anni e una patente per percorrere a mo‘ di compasso Viale Palmiro Togliatti e capire quanto il Tuscolano e Centocelle fossero vicini.
La prima volta che entrai dentro Centocelle fu per andare al Forte Prenestino, ovviamente. Ma per tutto l’arco di tempo a cavallo tra i 90 e i 2000 continuai ad avere un’idea molto poco nitida di come fosse fatta quella zona. In maniera mnemonica avevo imparato dal Tuttocittà che il percorso più veloce per arrivare al Forte da casa mia richiedeva il passaggio lungo la Prenestina: al semaforo dovevo girare a destra per Via Tor de‘ Schiavi, poi a sinistra per Via Federico Delpino e dopo lo slargo iniziavo a cercare un posto in qualche traversa, preoccupato di fotografare un dettaglio che mi permettesse di ricordare dove avevo parcheggiato, pregando che dopo ore di musica, birre e fumi vari il ricordo non svanisse. Sarebbe stato bello fare negli anni pre Maps un lavoro psicogeografico coinvolgendo i frequentatori del Forte che venivano da tutta Roma (e non solo), chiedendogli di disegnare Centocelle o di descrivere come la immaginavano. Per me, più o meno, era l’angolo retto di palazzoni tra Tor de‘ Schiavi e Via Delpino moltiplicato per x.
Sarebbe stato bello fare negli anni pre Maps un lavoro psicogeografico coinvolgendo i frequentatori del Forte che venivano da tutta Roma, chiedendogli di disegnare Centocelle o di descrivere come se la immaginassero.
Sbagliavo: colpa – rullo di tamburi… – dei fratelli Wright! Eh sì, perché a Centocelle un aeroporto è esistito davvero ed è stato anche il primo della città. A „inaugurarlo“ fu uno dei due padri dell’aviazione, che nell’aprile del 1909 compì il primo volo nell’aere romano e nei giorni successivi avrebbe dato anche lezioni ad alcuni membri dell’esercito, che a loro volta avrebbero poi contribuito a far nascere l’aviazione italiana. L’aeroporto divenne d’uso militare e nei suoi pressi furono costruiti dei villini per ospitare chi ci lavorava. Abitazioni di pochi piani, perché così volevano i canoni dell’epoca, ma anche perché non è consigliato costruire verso l’alto nei pressi di un aeroporto. Questo metro sarebbe stato rispettato anche negli anni successivi, o almeno fino agli anni del secondo Dopoguerra, quando l’aeroporto andò velocemente in disuso, facendo felici i palazzinari romani assetati di verticalità. Il lascito di quell’epoca è una pista di diverse centinaia di metri tuttora percorribile nel Parco Archeologico di Centocelle e una serie di abitazioni di tre/quattro piani che sono il segno distintivo dell’architettura abitativa del quartiere.
Nel frattempo si era delineata anche la sua cifra sociale: operai, piccoli commercianti, tranvieri, esuli delle campagne, disgraziati vari. Popoloso e popolare, lontano dal centro, ma autonomo e anche politicamente all’avanguardia: tra gli anni 60 e 70 non ci fu un gruppo della sinistra (parlamentare ed extraparlamentare) che non avesse qui una sua sede. Centocelle fu anche una delle zone dove le Brigate Rosse ebbero maggiore appoggio e controllo del territorio, con due ragazzi di zona, Antonio Savasta e Bruno Seghetti, che si sarebbero ritrovati a capo della Colonna Romana e anche nella Direzione Strategica negli anni pre e post sequestro Moro. Inutile dire che le forze dell’ordine misero Centocelle nel mirino e che l’aria del riflusso divenne ben presto pesante, soffocante, quasi irrespirabile. Tessuto sociale sbrindellato, attività politica ostracizzata, eroina galoppante. In questo scenario disastrato però si fecero largo inaspettati lampi di postmodernità: disordinata, improvvisata e verace. Arrivò il punk nelle strade grazie a un pugno di ragazzini dalla vitalità elettrica che diedero vita alla „gang“ Centocelle City Rockers, omaggio per direttissima al brano „Clash City Rockers“; Stefano Tamburrini cominciò a bazzicare la zona e i suoi mezzi pubblici notturni, traslando con un salto quantistico queste e altre esperienze nella Roma cyberpunk spalmata su 30 livelli di „Ranxerox“; altre sottoculture musicali si diffusero e radicarono, seppur limitate a gruppi sparuti di persone (trovate tutto in „Remoria“ di Valerio Mattioli, nda).
Arrivò il punk nelle strade grazie a un pugno di ragazzini dalla vitalità elettrica che diedero vita alla „gang“ Centocelle City Rockers, omaggio per direttissima al brano „Clash City Rockers“
Nella prima metà degli Ottanta montò quindi un nuovo fermento, una nuova voglia di aggregazione: sempre politicamente inquadrata a sinistra, ma trasversale, colorata, di piazza e non di sede, musicalmente ricettiva e alla ricerca di spazi dove esprimersi e ritrovarsi liberamente. Si arrivò così alla fatidica data del primo maggio 1986 e all’occupazione del Forte Prenestino, una storia nella storia che meriterebbe pagine e pagine per essere raccontata a dovere (e ci abbiamo provato qualche tempo fa, nda). Nonostante al suo interno avesse lo spazio più culturalmente (in senso lato) attivo e internazionale di Roma, Centocelle non conobbe però uno stravolgimento: nessuna fuga di massa e svendita immobiliare, nessun ripopolamento con conseguente corsa agli acquisti. Dalla Prenestina si girava a destra in via Tor de‘ Schiavi, poi a sinistra in Via Delpino e si iniziava a cercare parcheggio. Tutto qua.
Degli scossoni belli forti sono arrivati solo negli ultimi 5/10 anni. Prima di tutto con l’attivazione tra il 2014 e il 2018 del percorso completo della Metro C fino all’incontro con la Metro A a San Giovanni, sostituendo così i gloriosi trenini della Roma-Pantano che ora fanno solo la spola tra Termini e Centocelle. Poi con l’apertura di una serie di attività di primissima qualità nel settore che non ti aspetti: l’enogastronomia. DOL, Mazzo, L’Ombralonga, enoteche come Peccati o Al Turacciolo, poi ancora Pommidoro e, tra gli ultimi arrivati, 180g, Menabò o Ru.De. (l’elenco è lunghissimo), hanno tutti contribuito a smantellare un pregiudizio molto radicato, dimostrando che se una cosa è fatta bene, con qualità e al giusto prezzo, la gente viene a provarla da qualsiasi parte della città, a volte anche dal resto del mondo. Dalla Prenestina a destra verso Via Tor de‘ Schiavi, a sinistra per Via Delpino e poi Via dei Castani, Via degli Aceri, Via delle Rose, Piazza dei Mirti, Via dei Platani, dei Frassini, dei Glicini, dei Pioppi. In lungo e in largo per un reticolato grazie al quale ho riscoperto la ricchezza della botanica e ho migliorato l’arte del parcheggio acrobatico.
Cos’è Centocelle oggi è difficile dirlo: si vai dai trionfalismi della nuova isola felice agli spettri di una gentrifcazione che trasformerebbe questo angolo di città in una specie di luna park del cibo. Forse è giusto semplicemente parlare di un quartiere che è sempre stato un’entità a sé stante, per posizione geografica e per una popolosità molto elevata, che oggi si sta scoprendo sempre più un „regno autonomo“, dal momento che non deve neanche più preoccuparsi di valicare i propri confini per spendere il tempo libero in maniera soddisfacente. Non senza contraddizioni, basti pensare agli atti dolosi nei confronti della libreria La Pecora Elettrica che hanno suscitato un clamore nazionale, ma neanche dimenticandosi delle lotte e del senso di comunità e aggregazione degli anni passati, tant’è che la risposta a danneggiamenti e incendi è stata di massa e ha preso ora le forme della Libera Assemblea di Centocelle, in cui convergono tutte le istanze di quartiere, ora nella rete solidale di attività commerciali CentoCellule. Ovviamente con i presidi del Forte, del Laboratorio Sociale Autogestito 100celle e dello Spazio Sociale 100celleaperte a fare da colonne portanti – senza tralasciare la battaglia sul verde pubblico portata avanti dal Comitato per il Parco Archeologico di Centocelle. Sarà interessante osservare come questa ondata di nuove, piccole imprese interagirà con i movimenti del quartiere per il quartiere, e capire se il Forte Prenestino continuerà a essere il centro di gravità di tutto. Che Roma sarà nei prossimi anni lo intuiremo (anche) da quello che succederà da queste parti.