Riders not Heroes (qui sotto in versione abbreviata) è un documentario nato dalla collaborazione tra 2050+ (Ippolito Pestellini Laparelli, Mattia Inselvini, Erica Petrillo, Massimo Tenan), -orama (Davide Rapp, Andrea Dal Martello, Giorgio De Marco) e Lupo Borgonovo, artista e rider, che ritrae la città svuotata dal lockdown vista attraverso la go-pro piazzata sulla bicicletta durante l’attività di delivery. L’oggetto però non è la città vuota, ormai luogo comune, ma il „pieno“ degli unici esseri umani che la percorrono in lungo e in largo sui loro mezzi: i riders, ora rivelati come lavoratori necessari.
Milano è la capitale nazionale del food delivery, ed è dotata di un esercito di 3000 riders di cui più della metà migranti, 40% provenienti dall’Africa, 15% dall’Asia e 5% dal Sud America.
Come per airbnb o per ogni più piccolo ramo dell’economia delle piattaforme, una retorica preconfezionata rappresenta il fenomeno come un affare per l’intera collettività: per il cliente, che può starsene a casa stravaccato sul divano e ordinare qualsiasi prelibatezza senza quasi sovrapprezzo; per il ristoratore, che vende più cibo senza l’onere dei coperti e del servizio in sala; e per i lavoratori, liberi imprenditori sul mercato, che con una bici o un motorino possono lavorare quanto gli pare e guadagnare in proporzione.
Già prima del COVID era diventato chiarissimo a chi non voleva volontariamente foderarsi gli occhi di prosciutto che il cibo a casa arriva freddo e schifoso, che i ristoratori perdono una fetta consistente del profitto (circa un terzo) a vantaggio della piattaforma che non paga mai, ma proprio mai, le tasse agli stati competenti, e che i riders non sono affatto felici e prosperi lavoratori autonomi, ma in gran parte persone senza alternative, ricattabili e quindi ricattate, prive di qualsiasi diritto e sicurezza sul lavoro.
Ma il COVID ha cambiato la connotazione del food delivery: da semplice comodità, o servizio che faceva sentire smart i suoi fruitori, è diventato per due mesi l’unico legame con il piacere, con un piccolo lusso proveniente dall’esterno. Ordinare buon cibo già cucinato non era solo un modo per evadere la routine, era un atto che portava con sé un filo di rischio e trasgressione, faceva sentire le persone un po‘ come Buscetta all’Ucciardone in attesa di donne e aragoste.
E così i latori di pizze, sushi, hamburger, bardati di guanti e mascherine (se erano fortunati), sono diventati visibili: erano quelli che rischiavano per tutti, erano quelli che si aggiravano per la città spettrale, erano quelli che garantivano la sopravvivenza dei ristoranti scongiurandone il fallimento. Impropriamente chiamati eroi, hanno cercato – con scarso esito – di mostrare la durezza intrinseca della propria condizione, di cancellare l’immagine patinata dell’algoritmo dispensatore di occasioni e prosperità. La realtà del lavoro per molti di loro è mediata dal più classico caporalato: i molti riders privi di documenti pagano per utilizzare l’identità di altri migranti, pagano per ottenere ordini, sono costretti a cedere le mance ai caporali. Costretti a passare più di 50 ore a settimana sulle bici per qualche spicciolo, col bello e il brutto tempo, hanno cercato di fare valere i propri diritti per mitigare la precarietà e ottenere sicurezza, forti anche di importanti sentenze in Italia e in altri stati che hanno equiparato il loro status a quello di lavoratori dipendenti.
Nelle immagini finali del video è immortalata una manifestazione di centinaia di riders che sfilano per le vie di Milano, agitando le bici in aria, al grido di „sanatoria“. La risposta delle corporations alle condanne, multe e sentenze subite, però, appartiene all’universo della peggiore ratio capitalista, il vecchio andante dell’automazione. Il capitale umano crea problemi? Va sostituito con macchine. Nel caso specifico, la carne viva dei rider, il loro sudore, i loro incidenti, i loro imprevedibili modi di interagire, le loro possibili scorrettezze su strada, vanno rimpiazzati con i droni, come storicamente è successo nelle fabbriche o nei porti container. Droni che, ha promesso Uber-Eats, entreranno pienamente in funzione entro il 2023. È l’abc dell’ingegneria gestionale, bellezza.