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La Scighera

Il nebbione libertario che bagna la Bovisa dal 2006

quartiere Bovisa

Geschrieben von Martina Larcher il 7 April 2022
Aggiornato il 11 April 2022

Foto di Glauco Canallis

La Scighera è il nebbione che cancella tutto. Quella che si taglia con il marass, quella che confonde le distanze. Quella che a una certa non sai più dove sei, chi sei o quando sei. Queste sono le suggestioni con cui in Bovisa, La Scighera dà nome allo spazio enorme gestito da un collettivo libertario, autogestito e orizzontale. Programmazione culturale, gestione politica e organizzativa, con tanto di bar, teatri e concerti. Tutto nascosto nella nebbia delle palazzine di via Candiani.

«Siamo dei libertari che credono nella partecipazione, nell’autogestione e nella democrazia diretta.»

Marta Pistocchi

Come avete scelto questo milanesissimo nome?

È proprio come dici tu, i fondatori hanno voluto scegliere un nome che rappresentasse il forte legame con il territorio, e non c’è nulla di più tipico della “scighera”, il termine utilizzato dai milanesi per definire il nebbione in Val Padana. La ragione è presto detta: crediamo nella qualità della scighera di confondere le distanze, di mischiare il reale con il desiderio, il passato con il futuro.

Il locale è molto grande, ma dall’esterno non dà affatto la stessa impressione.

Il posto è suddiviso sostanzialmente in due aree, qui all’ingresso trovate il nostro bar con i tavoli, mentre nell’altra sala c’è un grande spazio con il palco dove si tengono le letture, gli spettacoli di teatro e i concerti. Lo spazio era originariamente un edificio industriale, probabilmente uno stabilimento di stoccaggio di materiali edili. La normativa ci impedisce, in quanto circolo, di affacciare direttamente su strada. Forse questo ci rende poco visibili, solo chi ci conosce sa dove trovarci!

Avete rinnovato da poco? Le travi del tetto sembrano nuovissime!

È qualcosa che notano in molti, purtroppo nel 2016 c’è stato un incendio nel locale e le fiamme sono divampate fino al soffitto. In effetti era da qualche tempo che avevamo intenzione di ripulirle, e diciamo che se non altro ci siamo ritrovati per forza di cose a dover rinnovare il soppalco e le travi. L’incendio è stato un momento di rottura tale che nei nostri discorsi tendiamo a parlare di una “Scighera prima” e una “Scighera dopo”. Nonostante l’assicurazione abbia coperto gran parte delle spese, c’è stata la mancanza delle entrate durante il periodo in cui la zona con il palco è rimasta inagibile, siamo riusciti a non chiudere il bar osteria e si è rafforzato il legame cooperativo tra i soci.

Siete qui da sedici anni, come ci descrivete la trasformazione del quartiere?

L’impressione generale è che la zona stia prendendo vita ultimamente, e che anche il senso di appartenenza al quartiere si stia rafforzando. Molte famiglie con bambini stanno affollando Bovisa, e noi cerchiamo di essere un punto di riferimento per tutte le età, organizzando attività per tutti. Quando hanno aperto la sede del Politecnico, Bovisa era ancora un deserto dei tartari, e proprio per questo, perlomeno all’inizio e per noi, è stato fondamentale il passaparola. Noi abbiamo continuato e continuiamo a tener duro, nonostante le difficoltà dell’incendio prima e della pandemia poi. Questo posto è un po’ il salotto di casa per noi soci, gli vogliamo bene!

Chi sono le persone che frequentano questo luogo?

Le persone vengono qui in compagnia, o per trovare compagnia. In una serata qualsiasi vi capiterà di trovare la tavolata di signori che giocano a carte, affianco i bambini con i giochi da tavola, mentre magari contemporaneamente nell’altra sala si sta tenendo un concerto. Tutti i nostri amici li abbiamo portati qui, anziché invitarli a casa abbiamo fatto della Scighera il nostro punto di ritrovo, e siamo sicuri che per molti sia lo stesso.

Entrando ho notato le relle con gli abiti appesi, si tratta di una delle vostre attività di volontariato?

Da sempre abbiamo uno spazio di „friperie“, cioè di scambio libero e autogestito di abiti, libri e oggetti. Un’iniziativa per tutti, non soltanto per le fasce bisognose. Poi abbiamo anche cominciato una collaborazione con la Brigata Lia, che organizza una distribuzione di generi di prima necessità – ma anche corsi di italiano e di digitalizzazione – e ha il suo magazzino in Scighera. Cerchiamo inoltre di promuovere un mercato equo-solidale tramite gruppi di acquisto, anche nella scelta dei prodotti che offriamo al bancone. Tramite gli ospiti che invitiamo per le nostre serate, vogliamo compiere della divulgazione culturale e i temi trattati sono svariati e affrontano diverse tematiche della società.

Siete vicinissimi al Politecnico, gli studenti vengono qui abitualmente?

Non sono presenti quanto vorremmo, ci piacerebbe avere più giovani che creino dibattito! Forse per il fatto che molti degli studenti siano pendolari o abbiano casa in altre zone della città, difficilmente si fermano qui la sera quando siamo aperti… Magari con la bella stagione e le prossime date di concerti la situazione si farà più interessante anche per loro!

Comunichiamo i nostri eventi tramite Instagram e Facebook, ma negli anni abbiamo notato che è sempre stato un luogo di ritrovo legato più che altro al passaparola. Capita spesso che qualcuno venga qui una prima volta, e torni poi anche più sere di fila coinvolgendo diversi gruppi di amici.

Vi definite una comunità libertaria con organizzazione orizzontale, cosa comporta nella pratica?

La nostra filosofia mira all’autogestione, alla libertà diffusa e alla cooperazione. Siamo divisi in quelle che chiamiamo “Commissioni” sulla base delle nostre attitudini e secondo tre ambiti principali: la programmazione culturale con artisti emergenti e produzioni indipendenti, la gestione politica e la gestione organizzativa. Ai nuovi soci del collettivo vengono immediatamente affidate le chiavi di questo posto: crediamo che responsabilizzare le persone porti a ottimi risultati per il collettivo. Crediamo nella democrazia diretta, tra di noi infatti non esiste una gerarchia. Siamo dei libertari che credono nella partecipazione, nell’autogestione e nella democrazia diretta, senza le quali si creano solo fredde e vuote scatole da riempire, e non un appassionato progetto pulsante, capace di mettere in gioco sfere diverse della nostra esistenza.