Ad agosto 2014 venne chiesto a John Skipper, presidentissimo di Espn, cosa ne pensasse dei videogiocatori professionisti, quei tizi che campano sfidandosi in tornei internazionali con una tastiera al posto del pallone: «gli eSport non sono sport» liquidò mr. President. 8 mesi dopo, il 26 aprile di quest’anno, Espn contrastò la messa in onda dei playoff di hockey della concorrente Nbc e i playoff di pallacanestro in onda su Turner con “Heroes of the Dorm”, due ore di scontri in multiplayer fra collegiali alle prese con un videogame della Blizzard (che è come dire una chitarra della Fender). Qualcuno deve aver fatto notare a Skipper che i 194 milioni di dollari mossi dallo sport elettronico l’anno scorso diventeranno 465 entro 18 mesi e un miliardo poco dopo. Non un caso che Mark Cuban, uno che di sport ne mastica – i suoi Dallas Mavericks erano campioni Nba qualche stagione fa – settimana scorsa abbia finanziato Unkrn, una start up di scommesse in ambito e-sportivo; o che YouPorn da mesi sponsorizzi team di giocatori pro. Detto altrimenti, fra pochi anni trovarsi a casa degli amici per vedere le finali mondiali di Fifa o Call of Duty sarà normale. Si cominci stasera, con l’anteprima al cinema di All Work All Play, documentario di Patrick Creadon sull’argomento, e live gaming session con i migliori giocatori del mondo in diretta dagli studi ESL di Colonia. In Corea e negli States il tifo è già questione da stadio. A Londra si va in arene dedicate. In Italia per ora c’è solo un bar a Torino. Nel 2017 il pubblico degli esport sorpasserà quello del football americano e della pallavolo. A livello globale. Portiamoci avanti. Ready Player One!
Written by Emilio Cozzi