Lo stile, la sessualità, e i tropi dell’identità femminile mediati dalla cultura del consumo vengono messi in discussione da figure femminili iper-sessualizzate che affrontano il pubblico con posture estreme. Donne da un futuro non molto lontano si allungano e si piegano in torsioni esasperate, disturbando e obbligando lo spettatore a riposizionarsi rispetto alle opere, come un partecipante attivo. La scultura nel lavoro dell’artista svedese Anne Uddenberg diventa una piattaforma visiva per esplorare la performatività, confrontandosi con i ruoli di genere e la gerarchia sociale.
Amalgamando beige, grigi e colori pastello, abbandona il buon gusto in favore di un linguaggio nuovo e dirompente. Le figure femminili si fondono con gli arredi in un curioso assortimento di tessuti trapuntati, finte pelli, pellicce e reminiscenze dei film sci-fi anni Settanta. Ibridi ergonomici evocano poltrone da massaggio dei centri commerciali, interni di SUV limousine, salottini di prima classe e poltrone da dentista. Al centro: la funzionalità. Qui espressa in un richiamo sensuale che invita lo spettatore a provare a interagirci. La logica e l’estetica di ciò che si riconosce come funzionale sono però piegate al significato stesso di funzione suggerendo così nuove modalità di essere. Nella serie di opere presentate a Spazio Maiocchi, le sculture appaiono aliene e familiari allo stesso tempo, affascinanti e respingenti. Trasudano il piacere di un comfort eccessivo che ricorda una spa o un centro benessere, combinando però una varietà di forme socialmente identificabili, materiali e strutture utilitaristiche per ridefinire il rapporto umano con gli oggetti commerciali e rivalutare le normalità esistenti.
Written by Gianmaria Biancuzzi