Prima di essere il lungimirante gallerista di fama mondiale, Massimo De Carlo è un ipertesto vivente! La sua vita offre una magnifica combinazione del valore spaziale con il valore musicale, nel senso che dà la possibilità di giocare con la ricorrenza e la ripetizione, esprime quell’idea di associazione che la mente umana conferisce a materie molto complesse: quando colleghiamo i frammenti più minuti per formare intere, affascinanti costruzioni di senso. A pag 667 dell’edizione italiana, per i tipi di Adelphi, di Godel, Escher, Bach: un’ Eterna Ghirlanda Brillante, Douglas R.Hofstadter tratta di modularità della conoscenza: “un altro problema che sorge a proposito della rappresentazione della conoscenza è la modularità. La modularità non è un’invenzione, ma la si trova ovunque. Le superfici possono essere suddivise in reticoli, gli spazi in figure ed il tempo in ritmi. Anche il modo in cui percepiamo l’ambiente è modulare. La modularità quindi non è rappresentata solo da soluzioni tecniche, strutture ed interfacce ma è di più, è la specifica capacità umana di percepire l’ambiente. Riusciamo quindi a capire il tempo attraverso i suoni ripetuti e a misurare la dimensione spaziale intuitivamente, attraverso la presenza di persone. In questo modo anche strutture complesse diventano per noi comprensibili e maneggevoli. Suddividiamo il mondo in piccole unità per poterle comprendere e rendere calcolabili gli sviluppi futuri. Otteniamo quindi una certa sicurezza: nonostante i cambiamenti siamo in grado di riconoscere la ripetizione del ritmo. Non è casuale se tra le molteplici passioni di Massimo De Carlo ci siano cucina e musica.
La stessa Weimar è stata una sorta di ipertesto in cui ciascun termine rimanda, per mille collegamenti, all’intero insieme delle vite spirituali e sociali, utopiche e materialiste. Uniche e ripetibili sono le elaborazioni visive, stencil e spraypainting, che contraddistinguono le ceramiche di Weimar, collezionate da De Carlo in questi venti anni, come le opere di testo ricamato di Alighiero Boetti o i manifesti di AG Fronzoni. Il felice, lucido strabismo di Alighiero Boetti ci ha da sempre aperto la strada sulla potabilità contemporanea di questo andamento binario tra epifania e riproducibilità tecnica ma anche tra etica ed estetica: opere in cui sono inserite frasi e motti inventati in privato dall’artista e affidate a ricamatrici afghane. Boetti infaticabile lavoratore e mistico. AG Fronzoni, creatore di una grafica nitida che affida agli stampatori affinchè diffondano un senso estetico rigido, morale ed etico. Quello stesso AG Fronzoni del laboratorio, ben lontano dal roboante fragore di Weimar e delle sue scuole ma altrettanto lucido e rivoluzionario. Tutti progetti inscritti in griglie, come fossero premonizioni di realtà virtuali che tornano ad essere analogiche, attraverso il convincente allestimento di Matilde Cassani che è ancora una volta un reticolato in grado di far leggere i segni oggetto esposti in senso verticale per ciò che concerne la loro natura unica e in senso orizzontale per quel che riguarda la loro possibile ripetibilità. Una rete etica pensata per mostrare ai visitatori cosa alberga dietro ogni presenza in questo archivio display.
Orari di apertura: mar-dom, 10:30-20:30.
Written by Marco Tagliafierro