“Gementi e piangenti in questa valle di lacrime”: così recita la preghiera “Salve Regina”. Ed è in una valle di lacrime che starebbe per entrare il povero Smokey minacciato da Walter del Grande Lebowski mentre brandisce una pistola. A qualunque delle due citazioni vi faccia pensare l’espressione “valle di lacrime”, se al realismo biblico o piuttosto alla lucida follia tanto cara ai fratelli Coen, “The Valley” di Hans Op de Beeck vi sorprenderà.
Perché, da buono spettacolo figlio di questi anni Venti del Duemila, non prova a dare alcuna risposta, ma mira piuttosto a farci riflettere sulla banalità delle nostre piccole apocalissi quotidiane. E lo fa attraverso il racconto di un uomo solo al centro della scena, cui fanno da contraltare una donna misteriosa e dei musicisti che commentano con le note la sua tragica storia.
Un’opera di teatro musicale, in cui la narrazione del protagonista è eseguita con un distacco incosciente, che sembra volerci dire quello che la Arendt postulò nel suo famoso trattato sul nazista Eichmann: un uomo che compie azioni orribili non è necessariamente malvagio. Che la condividiate o no, è sicuramente una riflessione doverosa di questi tempi.
Written by Enrica Murru