Arguto e agguerrito, nonostante l’approdo su major, il Peyote non ha cambiato la sua attitudine, tanto che l’ultimo lavoro “Iodegradabile” pareva iniziare dove finiva il precedente “Sindrome di Tôret” – e a seguire ha pure incasellato due cover d’autore per i tributi a Faber e Subsonica, distinguendosi in positivo, vinto un premio della critica con il (discusso) pezzo di Sanremo “Mai dire mai (la locura)” e pubblicato un libro, “Dov’è Willie?” – una conversazione con Giuseppe Civati in cui discute varie tematiche, passando dalla scena musicale al contesto culturale.
La mancanza di un “colpo di scena” e, volendo, l’assenza di un singolo trascinatore, sono forse le uniche pecche di quella sorta di concept album sull’obsolescenza pianificata: degli oggetti, ma anche dei sentimenti e dell’arte. Alternando groove e momenti più hardcore, Willie si è affidato ai produttori di fiducia e all’ormai rodata live band, composta da Danny Bronzini (chitarra), Luca Romeo (basso), Dario Panza (batteria), Daniel Bestonzo (tastiere synth) e Enrico Allavena (trombone): decidete voi se si tratta di una “garanzia” o di “usato sicuro”. Io dico “avercene”, come l’amaro della casa al bar di zona.
Written by Lorenzo Giannetti