Il disco di John Duncan e Stefano Pilia si intitola “Try again”, provaci ancora. E se non fosse chiaro questo invito emerge molto in fretta dai bassifondi in cui si snoda la prima, omonima, traccia: un monumentale scafandro di synth e riverberi di chitarra che ti trascina per un quarto d’ora per poi lasciarti a fondo, nell’oscurità. “Provaci ancora!”, senza stabilire se sia un invito o una sfida. Forse è semplicemente un approccio, un’inquietudine permanente.
Basterebbe guardare la biografia di John Duncan, classe 1953: sessantotto anni di fiero disequilibrio, tanto che la sua vita si fa prima a raccontarla come una corsa a tappe. L’educazione classica in Kansas, la scoperta delle arti performative a Los Angeles, gli anni ’80 nel centro della deflagrazione del noise e poi l’approdo in Europa, prima ad Amsterdam, poi sulle montagne friulane e infine a Bologna, dove l’artista statunitense sembra aver trovato il luogo per piantare le radici e riavvolgere il filo di una vita intera. Senza mai arrendersi, continuando a provarci. È così che ha incontrato Stefano Pilia, che ha un quarto di secolo in meno ma lo stesso spirito irrequieto, che genera curiosità e cocciutaggine. Ci hanno provato ancora, stavolta insieme. E anche stavolta ci sono riusciti.
Written by Filip J Cauz