1500 metri di tessuto in seta, s’increspano, come onde, sul palco del Teatro Argentina per la quarantesima edizione del Romaeuropa Festival. Una stoffa tanto raffinata da farsi metafora di ciò che è trattenuto appena tra ragione e sragione: il delirio. A darvi luogo è la produzione coreografica di Miet Warlop, artista belga situata in un terreno composito fatto di teatro, performance, arti visive e danza. “INHALE, DELIRIUM, EXHALE” non è una meditazione fatale ma il debutto di una potente azione performativa.
Uscire dal solco, durante quell’atavica pratica dell’aratura, è il delirio nella sua accezione primitiva. Miet Warlop immette il delirio dentro la più comune azione umana: tra l’inspiro e l’espiro, a significare un’insufficienza o una via di fuga. L’artista affida alla traduzione simbolica del suo lavoro due immagini analoghe per irregolarità: l’onda del mare, da un lato e lo stato mentale sopraffatto da pensieri tumultuosi e ineffabili, dall’altro.
Inspirate ed espirate. Tirate dentro, buttate fuori. Concentratevi solo sull’aria che entra e che esce. Contare, aiuta. Finché non s’insinua un’onda imprevista, un pensiero stocastico che travolge, confonde e disorienta, risucchiando ogni speranza di presunto equilibrio. Vestito in seta, il delirio, si infrange e avviluppa contro i performer a galla (in scena). I loro corpi urtano la stoffa come si fa coi pensieri inamovibili. Per disfarsene, scacciarli, come si scaccia una mosca poggiata sul naso che costringe a ingrottare la fronte. Ma il pensiero – formato seta – si agglomera, accavalla e contorce. Sta tutto nella testa e nelle cavità dei corpi.
È lì, nella resa, che la performance sembra trasformare il delirio in un solco abitabile. Una condizione dalla quale è difficile disincastrarsi e dentro cui, allora, si gioca. Warlop rende quasi dilettevole ottemperare alla profezia più temuta – e non perciò più attendibile – dei nostri tempi.
Written by Jamira Colapietro