Quattordici opere pittoriche che raccolgono la memoria personale che Anna Caruso (1980) racconta e mette in mostra nella sua prima personale a Roma. Tele minuziosamente elaborate attraverso una decostruzione del quadro narrativo: le storie sono percepibili, possono essere messe insieme personalmente da ogni soggetto fruitore perché la Caruso, attraverso ombre e proiezioni che prendono il posto dei protagonisti, non ci obbliga al suo punto di vista, ma ci lascia la libertà di interpretare soggetti e azioni. Sono delle tavole statiche, da ricostruire come un puzzle: scene famigliari intorno a un tavolo; momenti legati all’infanzia; il padre seduto su una panchina con la tuta e il giornale in mano; il cane accovacciato o intento a giocare; ritratti di parenti antichi e figure solitarie che, rigorose, si stagliano sopra paesaggi abbandonati tra una natura impersonale ed elementi d’industrializzazione. Questi i dati personali, intimi, ma anche universali, che la Caruso inserisce nei suoi ambienti geometrici che ha sintetizzato negli anni, fino a cambiare persino i colori che si sono raffreddati lasciando spazio al bianco, per sottolineare una pulizia di luoghi e forme. La mostra, a cura di Lorenzo Respi, è visitabile fino al 12 novembre.
Written by Rossella Farinotti