Non avrà mai il peso specifico di San Pietro e dei Musei Vaticani, anche se c’è chi li baratterebbe per una carbonara fatta ad arte. Non sara fotografata come il Foro o il Colosseo, anche se c’è chi tra questi due monumenti e un piatto di coda non avrebbe dubbi a chi concedere l’obiettivo. Non sarà una palazzo nobiliare da guardare in estasi con il naso all’insù, ma nessuno potrebbe mai pensare e concepire Roma senza la sua dimensione culinaria, colonna portante della città e dell’immaginario che la racconta in tutto il mondo, a partire dai propri cittadini.
Il ricettario tradizionale è talmente vasto, conosciuto e affermato da avere un potere “autogenerativo”: per quanto le strade siano riempite – e gli stomaci solleticati – da cucine etniche, pizze ultra lievitate, hamburger che non collassano su se stessi grazie a complessi calcoli ingegneristici, da tapas e taglieri, ci sarà sempre chi deciderà di andare a provare come vengono preparati in altre cucine i piatti che hanno contribuito a costruire la sua identità culinaria.
In questa guida troverete quelli che secondo Zero sono i migliori indirizzi dove viene custodito e curato questo patrimonio: quelli dove l’esperienza culinaria tende al sublime per tecniche utilizzate e qualità delle materie prime, quelli in grado di offrire rapporti qualità/prezzo ineccepibili, quelli che hanno ricacciato fuori il ricettario della nonna e ne ha fatto tesoro per mettersi in proprio, quelli che hanno portato in città l’esperienza della provincia, quelli dove c’è ricerca e creatività oppure abbondanza e veracità, perché nell’immaginario di cui sopra anche questi ultimi due elementi vivono e prosperano. In nomine guanciale, in sæcula sæculorum.
Contenuto pubblicato su ZeroRoma - 2020-03-01