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I (primi) 100 anni di Triennale Milano

Arte, industria e progettazione, si incontrano qui, nella casa del design italiano: Triennale Milano. Un'istituzione che quest’anno festeggia il suo centenario, e che oggi come allora, si contraddistingue per la pluralità di voci che risuonano al suo interno: dagli echi dei grandi maestri del passato, alle sferzanti grida della contemporaneità

Written by Elisa Mencarelli il 18 May 2023
Aggiornato il 14 June 2024

Unknown Unknowns. Ph. DSL Studio

Sono gli anni Venti, o meglio: i ruggenti anni Venti, quando nel primo dopoguerra si respira il fervore del progresso. Lasciato alle spalle, non senza un velo di incertezza, il trauma della guerra, una nuova spinta culturale dilaga in Europa e oltreoceano. A Parigi, Francis Scott Fitzgerald dà alle stampe il Grande Gatsby, nei night club di Chicago Joe Oliver, detto King, improvvisa le sue composizioni jazz. A Parigi, André Breton redige il Manifesto del Surrealismo, mentre a Berlino una generazione di donne indipendenti affolla i locali notturni del Mitte.

Cosa era all’origine il design? L’intuizione ma soprattutto la volontà di Marangoni e Osimo di raccontare la complessità del vivere contemporaneo.

Anche in Italia, nonostante l’incalzante ascesa del Fascismo, si assiste a un’evoluzione sociale e industriale – già iniziata con la rivoluzione dell’800 –, che si inserisce nella sfera culturale. Oltre all’arte, inizia a fare capolino la cultura del progetto, promossa da iniziative e nuove realtà che mettono in scena il lavoro degli architetti. È proprio in questo contesto che nel 1923, presso la Villa Reale di Monza, inaugura la I Biennale delle arti decorative, nonché la più antica istituzione del suo genere in Italia. Guido Marangoni – deputato, critico d’arte e direttore dei Musei Civici di Milano – è il fondatore di questo evento pionieristico nonché direttore dell’ISIA di Monza, l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche. Sarà questo incontro, tra una scuola e una mostra, a dare vita in Italia, a quello che oggi chiamiamo design. Un ponte che unisce invenzione e artigianato, industria e società.

Ma cosa era all’origine il design? Un’intuizione, ma soprattutto una volontà, quella di Guido Marangoni e Augusto Osimo, di raccontare la complessità del vivere contemporaneo attraverso linguaggi differenti. Non solo una forma di bellezza contemplativa, ma bensì una disciplina dalle qualità più terrene, a disposizione di un pubblico più ampio. Grazie al successo della prima Biennale – che vide artisti come Fortunato Depero, Marcello Nizzoli e Gio Ponti – ne seguono altre tre: nel 1925, nel 1927, poi, con un anno di ritardo, nel 1930. L’esposizione si compone di diverse sezioni: grafica, editoria, arti decorative, artigianato e arredamento. I partecipanti sono suddivisi in base alla provenienza territoriale (sia delle regioni italiane che degli stati europei); infine, una sezione è riservata ai futuristi. In occasione della IV edizione, in funzione dei cambiamenti sociali, culturali, economici che il Paese sta subendo, l’esposizione diventa a cadenza triennale e prende il nome di “Triennale delle Arti Decorative ed Industriali Moderne”, confrontandosi per la prima volta con i problemi della produzione industriale.

La Triennale acquista negli anni autorevolezza e centralità nel riunire i grandi talenti dal mondo della progettazione: Franco Albini, i fratelli Livio, Pier Giacomo e Achille Castiglioni, Marco Zanuso, BBPR, Piero Portaluppi, tra gli altri.

Nel 1933 con la V edizione, la Triennale si trasferisce a Milano nell’attuale sede del Palazzo dell’Arte, progettato da Giovanni Muzio e donato dalla famiglia Bernocchi. Un edificio modulare ed estremamente versatile. 12mila metri quadrati che seguono i principi dell’architettura razionalista. Un edificio prestigioso, chiara espressione del carattere austero e autoriale che intendeva rappresentare. La Triennale acquista negli anni autorevolezza e centralità nel riunire i grandi talenti dal mondo della progettazione: Franco Albini, i fratelli Livio, Pier Giacomo e Achille Castiglioni, Marco Zanuso, BBPR, Piero Portaluppi, tra gli altri.

Nel 1940, con lo scopp8,io della Seconda Guerra Mondiale, il Palazzo dell’Arte subisce l’occupazione nazista, sarà l’anno 1947 a sancire la riapertura degli spazi al pubblico. In questo clima di ricostruzione ha inizio l’avveniristica realizzazione, da parte di Triennale insieme all’architetto Piero Bottoni, del quartiere QT8 – Quartiere Triennale Ottava – di Milano. Una realtà sperimentale, modello pilota per l’espansione del capoluogo lombardo, che comprende la Chiesa, la piazza, la scuola e così via. A completare il progetto un’area verde di 37 ettari: il Monte Stella. Un’architettura paesaggistica, una collina artificiale che vuole dare un’alternativa verde all’orizzonte pianeggiante della città.

Ancora una volta, la storia dell’istituzione si intreccia inevitabile con le vicende sociali della città e del paese. Un decennio più tardi, la Triennale è testimone degli anni che precedono il boom economico quando, per la prima volta, il lavoro del designer arriva nelle case di tutti gli italiani che scoprono i primi elettrodomestici. L’entusiasmo della novità invade anche gli spazi del Palazzo dell’Arte; il Teatro della Triennale diventa il luogo di sperimentazione delle trasmissioni televisive italiane e programmi come “Lascia o raddoppia” di Mike Bongiorno. Mentre il Piper Club, è il punto di riferimento di artisti come Patty Pravo e Jimi Hendrix. Sarà da questa eredità che nel 1970, nasce la discoteca Old Fashion, nome dall’omonimo cocktail, simbolo della vita notturna milanese.

Dagli anni Ottanta, Triennale affronta temi più ampi come la natura, la metropoli e la tecnologia, inserendosi parallelamente nel panorama culturale con l’obiettivo di storicizzare il design italiano. Dopo il 2001, dovremmo aspettare il 2016 per assistere a una nuova edizione dell’esposizione, che per quell’occasione si presenta in una veste diffusa, animando tutta la città di mostre, eventi e iniziative collaterali.

Broken Nature ©La Triennale di Milano. Ph. Gianluca Di Ioia

A fare da corredo alla programmazione della Triennale, la collezione sempre più ampia di design italiano che nel 2019 si concretizza nel Museo del Design Italiano. Una selezione dei pezzi più iconici e rappresentativi che hanno fatto la storia della progettazione. Un percorso essenziale nell’allestimento quanto efficace nel contenuto, prima diretto da Joseph Grima, ora sotto la guida di Marco Sammicheli. Nello stesso anno apre Broken Nature, la XXII Esposizione Internazionale curata da Paola Antonelli. Una svolta importante nella storia della Triennale che abbandona la sua pacata missione educativa e divulgativa, per inserirsi con brutalità in un dibattito più ampio, affrontando le contraddizioni che popolano il presente. Una mostra complessa che, avvalendosi di un ricco ventaglio di discipline, denuncia, smantella e ricostruisce la contemporaneità, aprendo nuove possibilità al design.

Oggi l’istituzione sta riscoprendo un nuovo periodo di crescita, grazie alle diversificate e consolidate direzioni creative capaci di riunire le anime fondanti dell’istituzione. Da cento anni Triennale percorre lo stesso fil rouge iniziato da Guido Marangoni, dalla cui matassa si snodano la fiducia nel futuro, l’analisi dell’oggi e il rinnovato – mai banale – perpetuarsi della storia.