La Milano degli anni Settanta era tumultuosa per tante ragioni. C’era l’uscita dal Sessantotto che ancora prima di passare era già mito, la controcultura dei giornali e della radio, l’attività dei cinque grandi movimenti e organizzazioni della sinistra extraparlamentare (tutti fondati tra il ’67 e il ’68) – Autonomia Operaia, Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Movimento Studentesco e Potere Operaio – che andranno a dissolversi negli anni a seguire, preparando il terreno per il caos e le lotte del Movimento del ‘77.
Per farvi una lista tematica: c’era la critica all’apparato statale e partitico nonché alla conseguente repressione poliziesca, il pacifismo mescolato alla lotta armata, i diritti civili e il nascente movimento dei verdi guidato da Alexander Langer, i movimenti di liberazione omosessuale che arrivavano dal FUORI! torinese di Pezzana nonché le centralità delle istanze del movimento femminista. Tutto questo momento pieno fino al midollo di ricchezza e desiderio fece sì che la città si riempisse di riviste (come Rosso, Re Nudo, A/traverso e tutti i giornali di controcultura) di radio libere – perché «L’onda arriva dappertutto» – (Alice a Bologna, Radio Popolare a Milano, Radio Ondarossa a Roma, per citarne alcune) e spazi. Dovete immaginare una città in cui gruppi di giovani e meno giovani si menavano di quando in quando per le vie di Milano con fionde e biglie, gruppi d’amici compivano espropri qua e là, i movimenti diventavano capillari con la controcultura che solcava vie inedite. È in quegli anni che diversi movimenti e tendenze espressive cominciarono ad affacciarsi al panorama meneghino, ed è sempre bene ricordare anche la libreria Calusca di Primo Moroni, fondata nel ’72, che oltre a distribuire i suddetti giornali tentava l’aggancio delle scene giovanili, prima dell’anarchia e degli scontri del Settantasette.
Città Studi: quartiere epicentro dei movimenti di quegli anni in tumulto.
Insomma, il velocissimo panorama che vi abbiamo scritto qui sopra serve a contestualizzare le ragioni del mantenimento dei murales di largo Murani – in Città Studi, quartiere epicentro dei movimenti di quegli anni –, realizzati proprio in quegli anni (tra il 1977 e il 1979) dal Gruppo Aerostatico, un collettivo di giovani creativi assidui frequentatori della piazza (Valter Oluzzi, Leonardo Marras, Fumetto, Miki e Mario Mazzanti, Raffaella e Fabio Ghilardi, Michele Di Virgilio, Luca Cambogiani, Giorgio Roncaglia).
Ora, si tratta probabilmente dei primi murales a comparire sui muri della città, e a guardarli si capisce bene la loro provenienza: c’è un Jimi Hendrix profeta e alfiere di un rock psichedelico e anti-professionale, dell’amatorialità che ricerca il trasporto nel vibrato blues; c’è un gibollo giallo che circonda un sole in tumulto e sorridente – il celebre Sole che Ride, che ringrazia di dice che il nucleare è meglio di no – testimonianza della diffusione di quegli ideali, inizialmente ambientalisti, che avrebbero dato seguito ai movimenti ecologici e sarebbe poi diventato simbolo e logo delle Liste Verdi soltanto negli anni Ottanta; un ritratto di un capo indiano con una frase attribuita a Seathl della tribù Duwamish che denuncia lo sfruttamento delle risorse naturali (un falso storico) e che vi riportiamo per intero: «Quando i bisonti saranno stati tutti sterminati, i cavalli selvaggi tutti domati, quando gli angoli segreti delle foreste saranno invasi dall’odore di molti uomini, e la vista delle colline sarà oscurata dai fili che parlano, allora l’uomo si chiederà: dove sono gli alberi e i cespugli? Scomparsi! Dov’è l’aquila? Scomparsa!»; un cormorano annerito dal petrolio dopo il naufragio della petroliera Jessica del 2011 (questo, più recente, copre un monocromo nero); e infine c’è una vacca che mostra con disinteressato orgoglio il proprio culo, comoda in un prato verdeggiante e in una limpida giornata turchese: omaggio alla vacca frisona di Atom Heart Mother, disco che fece scalare la vetta ai Pink Floyd. Insomma, ci sono gran parte delle vibes degli anni Sessanta/Settanta.
La Vanga Rigeneratrice, questa volta, è stata tenuta a bada.
Ora, la vicenda è semplice: Esselunga acquista nei dintorni edifici e lotti per un nuovo store; lì vicino, a rischio di abbattimento, il muro che da cinquant’anni conserva queste icone; gli abitanti di Città Studi, che da cinquant’anni vi posavano lo sguardo, si sono opposti alla loro rimozione; dopo una sola manifestazione a giugno, Esselunga e Municipio e quartiere arrivano a un accordo, tale per cui Esselunga conserverà e restaurerà i murales. È naturale che alcune immagini o effigi diventino icone locali, e di esempi ne abbiamo diversi, come la celeberrima Balena a NoLo. Meno naturale è che questi vengano preservati in concertazione tra tutti e senza troppe magagne.
Il restauro dei muri verrà “scoperto” al pubblico sabato 3 dicembre, alle ore 16. Bene così, diciamo noi. A differenza di altre circostanze in cui il “risanamento” della vanga rigeneratrice smantella e rifà a sua discrezione, inseguendo quei trend che rivedono e imbastiscono un po’ tutto, identità e nomi, stavolta rimane anche la traccia della storia politica e culturale di un quartiere.