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Il C2C dagli occhi di Guido Savini

Tra europeismo, momenti salienti e il brivido di tornare in campo dopo un lungo stop

Written by Pietro Martinetti il 6 October 2022
Aggiornato il 7 October 2022

Nel 2019, il New York Times commentava la Berlin gallery weekend con una domanda: Berlin where are the wild days gone? Più recentemente, in un’intervista, il filosofo Leonardo Caffo dice che a Torino non serve l’understatement, ma l’underground. Eppure Torino ha molta memoria del sottosuolo. Pensiamo all’eroe Pietro Micca e ai Murazzi, dove nasce l’epoca aurea e rimpianta nella quale le ragazze e i ragazzi sognavano, si conoscevano e si innamoravano nei club, che suonavano la musica elettronica dance. Tra questi, alla porta di Xplosiva, c’era Guido Savini. Cantante e promoter, musicista e musicologo, Guido lavora con il fondatore del festival e direttore artistico Sergio Ricciardone da 16 anni, da quando cominciava a essere una prassi consolidata che una volta l’anno per un weekend, la loro nottata, Xplosiva, montava più palchi in diversi club di Torino e si chiamava Club To Club. Oggi, nonostante anche a Torino i wild days siano un ricordo, C2C festival compie vent’anni. 20 anni nei quali il festival, come i soggetti della cultura che lavorano sulle arti della contemporaneità, ha costruito un immaginario che misura il canone della musica di oggi.

È la capacità di comprendere chi nella musica contemporanea, partendo dalla dance colta e abbattendo il confine tra i generi, durerà nel tempo.

È un allenamento che Guido svolge lavorando al festival e all’Astoria, il basement di San Salvario dove suonano ancora sconosciuti tipi come Lorenzo Senni, Grimes, Carl Brave o i Drink to Me, la prima band di Cosmo. La nascita di Astoria è una profezia e anticipa di sei mesi la fine dei Murazzi. Gli spazi del clubbing si restringono, mentre di edizione in edizione, C2C diventa un appuntamento classico che testimonia cosa è la musica per la città e fa entrare Torino nella mappa mentale di chi viaggia per la musica. A novembre C2C festival, volgarmente noto come ClubtoClub, compie 20 anni. Da Torino a Londra, tra Milano e Venezia, Berlino e la Valle d’Itria, il festival e i suoi spin off hanno fatto suonare Franco Battiato con Pantha du Prince, Thom Yorke con Omar Souleyman, i Kraftwerk con Liberato, Kamasi Washington e Blood Orange. Per farceli ascoltare, Guido ha ricevuto e inviato moltissime e-mail. Gli parliamo a un mese da C2C, 20 years of, ventesima edizione del festival avant-pop di Torino, Europa.

Pietro Martinetti: Siamo sotto festival, quante e-mail non leggi al giorno?

Guido Savini: Ho un doppio layer di lettura delle mail, uno sul cellulare e uno sul laptop. Sul cellulare rispondo alle mail che hanno bisogno di essere risposte istantaneamente; sul laptop, a quelle che possono essere risposte un pochino dopo. Sotto festival è una tempesta di informazioni. Nel complesso, il 90% delle volte è più corretto che vengano risposte circa tre giorni dopo e sono arrivato a pensare che la funzione principale delle mail più che di formalizzazione nero su bianco sia dilatare la comunicazione e dare il tempo al cervello di processare.

P: E quante ne scrivi?

G: Pochissime.

P: Cominciamo dal futuro. Come sarà C2C Festival - 20 years of?

G: Sarà il nostro primo festival dopo la pandemia. In questa frase, se vuoi un po’ banale, c’è già tutto. 

C’è un piccolo brividino che hai quando hai un po’ paura di non ricordarti bene cosa significa. Manca ormai un mese e non ricordavo questa fase qua, sono stupito dal livello di mole di lavoro, perché è tre anni che non ci arriva addosso. C’è un po’ il timore di essersi dimenticati degli aspetti fondamentali. È una situazione strana, come essere un pilota ed è tre anni che non sali su una macchina.  

Ti posso dire che andrà sold out, in advance; ed è un risultato storico per C2C Festival, non è mai successo con così tanto anticipo. In una edizione nella quale faremo uno scatto in avanti sulle capienze, per 2-3 settimane non sarà possibile comprare il biglietto. È un risultato clamoroso, chiaramente dettato dal fatto che la gente ha voglia di tornare. Non era scontato, perché giusto tre anni fa tutti noi festival promoter siamo stati messi in discussione. Come specie.

 

P: In line up ci sono artisti che hanno cambiato il canone dell’avant pop, già storicizzati, come gli Autechre, Caribou, Romy e Jamie XX, Arca. Quali altri artisti che saranno a Torino diventeranno parte di questa categoria nel futuro ?

G: Ti dico sicuramente Two Shell, che abbiamo appena annunciato 15 giorni fa, che tra l’altro hanno già suonato per noi al Roundhouse a Londra l’anno scorso. Sono un act veramente fresco, è uscito un EP quest’estate, ci puntiamo certamente moltissimo anche per il futuro. Poi sicuramente Jockstrap, anche loro hanno già suonato per noi in UK, sono dei debuttanti, fanno il loro primo tour europeo. C’è Nala Sinephro, il cui primo disco è uscito non più di un annetto fa, Blackhaine, Pa Salieu.

Insomma il ventennale non è un best of dei nostri migliori artisti della storia del Festival, non abbiamo di certo fatto scelte nostalgiche.

P: Four Tet, Apparat nella notte dei 25 anni dalla caduta del muro di Berlino, Jacques Greene, Daphni, Nicolas Jaar che suona la luce al buio. Alcuni dance set hanno fatto la storia del festival. Chi farà ballare di più quest’ anno?

G: Beh quest’anno c’è uno stage quasi interamente dance. 

La storia del festival nasce come un festival prettamente di dj che si chiama Club To Club e succede nei club. Poi diventa sempre più grande, utilizzando altri tipi di spazi e negli anni c’è sempre più un abbattimento del concetto di genere musicale passando da cartelloni completamente dance a quelli più variegati di questi ultimi anni. 

Come direzione artistica quello che proviamo a fare per ogni edizione è alzare la testa e vedere in quell’anno chi sono gli act secondo noi più rilevanti. Non importa se fai jazz, ambient o soul. 

Per via di questo criterio ci sono stati degli anni in cui gli act dance mancavano un po’.

Quest’anno invece è l’edizione in cui lanciamo il nostro nuovo simbolo, “una figura alata, che rappresenta per C2C Festival l’urgenza di rimettere al centro il futuro dei corpi, la loro libertà, la necessità di aggregazione, la danza, l’educazione all’ascolto”.

Post pandemia era importante tornare fortemente su questo aspetto e sono sicuro che sarà molto importante per l’esperienza del pubblico. Lo stage di Stone Island Sound quindi sarà molto molto dance, ovviamente a modo nostro. Elena Colombi, Bill Kouligas e Kode9 a fare le dj duties il venerdì. Il sabato ci pensano Nu Genea con un set di 4 ore e gli artisti che abbiamo co-curato insieme a loro in un’esplorazione dei suoni del Mediterraneo.

P: Barack Obama ascolta Yendry. Cosa ti aspetti dal suo show?

G: Mi aspetto un altissimo livello emozionale di tutte le persone coinvolte incluso me stesso. Yendry per dire faceva la cameriera dell’Astoria! Vedere un’artista torinese che ce la fa è la missione ultima del mio lavoro. Yendry mi racconta sempre che quando è in giro per il mondo con music producer fuoriclasse di fama mondiale dice: quella cosa lì l’ho sentita fare da James Blake, da Aphex Twin, da Thom Yorke” E quelli rispondono: scusa ma tutti questi show dove li hai visti? A Torino Risponde lei. Ah e come è possibile?” Chiedono loro. Non mi voglio prendere meriti per ciò che sta facendo, è lei che mi dice: Non sono sicura che Yendry sarebbe quello che è se non fosse esistito C2C Festival”

 

P: Chi sta sperimentando di più in Italia ora?

G: È un po’ delicata la situazione. Da un lato sono molto felice che Caterina Barbieri abbia uno slot da headliner sul main stage quest’anno. 

Mettere un’artista italiana, Italian based, sul main stage come headliner, è un grandissimo risultato. Non è una cosa che cinque anni fa avrei dato per scontato. 

Per il resto ti dico che è un momento strano, perché non esiste lo storico degli ultimi due anni.

Quando è iniziata la pandemia ho creduto da subito che i festival che hanno un forte legame con le loro communities avrebbero retto il colpo e che in una situazione in cui era diventato improvvisamente difficile viaggiare gli artisti locali ne avrebbero giovato. Questo discorso però vale sugli artisti che c’erano già prima, sui progetti nuovi il discorso è più complicato, nel senso che gli spazi dove avrebbero dovuto esprimersi sono stati chiusi per due anni e molti non hanno riaperto.

P: Il senso di C2C per l’avant pop. James Blake, Fka Twigs, Grimes, Ghali, Jamie xx e Romy sono artisti che tu e Sergio Ricciardone avete portato sul palco quando erano emergenti. Cos’è oggi avanguardia nella musica sperimentale?

G: È una domanda molto complicata. Noi non lo sappiamo. Semplicemente a un certo punto ci siamo detti cerchiamo di far suonare al festival tutte le cose che riteniamo valide che succedono nella musica contemporanea. Quando arrivi alla fine dell’anno pensi: Quali sono stati i dischi belli che sono usciti quest’anno che tra dieci anni mi riascolterei volentieri?” questo è il criterio con il quale proviamo a fare la line up del festival. Cerchiamo di testimoniare quello che sta accadendo alla musica a livello globale, senza limiti geografici e di genere.

P: A Torino C2C Festival ha suonato la musica del futuro nelle regge sabaude, nei teatri del risorgimento, negli spazi dove c’era l’industria. C’è un luogo inedito a Torino dove ti piacerebbe fare un evento?

G: No. A Torino credo che dove il Festival doveva entrare sia già entrato, questo grazie alle persone che hanno contribuito a consolidare negli anni la sua credibilità istituzionale.

Mi riferisco ovviamente ai fondatori di C2C che con il loro lavoro di anni hanno permesso a un festival di suoni nuovi, spesso non pienamente comprensibile alle istituzioni del territorio, soprattutto 10/15 anni fa, di fare eventi memorabili al Teatro Carignano, al Castello di Rivoli, alla Reggia di Venaria, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per citarne solo alcuni.

Io però da cittadino torinese, oggi sento una grandissima mancanza di spazi di aggregazione. Pensiamo a noi ventenni degli anni 2000, ci incontravamo, ci conoscevamo nei club. La classe creativa di Torino, che lavora e vive in città, non ha luoghi di aggregazione. Io esco tutte le sere, quando ci sono le attività culturali a Torino le frequento, però mancano gli spazi. Ci sono persone che si impegnano per un palinsesto culturale, concerti, musica, club, però poi ci sono lacune direi infrastrutturali. Noi facciamo uno sforzo immane per fare una cosa straordinaria per la città, che però dura quattro giorni. Penso che i ventenni di oggi siano molto intraprendenti, molto più di quanto lo fossimo noi anni fa, però non hanno la possibilità di fare molto per la città, perché non ci sono più gli spazi.

P: In 20 anni C2C Festival ha creato una geografia fluida con spin off a Istanbul, in Valle d’Itria, a Milano e show a Venezia, Amsterdam, Berlino, Londra, in Europa. Che differenza c’è tra giocare in casa e in trasferta?

G: Credo che sia più facile giocare in trasferta. Banalmente perché il torinese il festival ce l’ha da 20 anni e sostanzialmente se lo aspetta. 

Da dopo la pandemia abbiamo la fortuna di fare molti eventi fuori dall’Italia, dove in generale è più facile farli, sotto ogni punto di vista.

Ci sono stati anni in cui facevamo eventi in giro per l’Italia e scrivevamo sui social in quale città d’Italia vorreste un evento di C2C? Quando una cosa non ce l’hai, la desideri di più. E dunque, in trasferta, è più facile.

P: I grandi festival di musica contemporanea intelligent dance nel mondo, quali? un tuo aneddoto, un’immagine.

G: Un po’ di anni fa io e Sergio conoscemmo a Londra una festival promoter che ci confessò che per il loro team vedere artisti della loro line up annunciati nel programma di C2C Festival era motivo di orgoglio.

Ci invitò al suo Festival, Thom Yorke suonò uno show a sorpresa… dovresti sapere come va a finire questa storia.

P: C2C è una creatura spugnosa. Avete portato la musica in art spaces contemporanei e interagito con soggetti multidisciplinari, con grandi brand della moda come Gucci e Stone Island. Come si incontrano oggi fashion e avant pop?

G: Il mondo della moda e della musica è dall’inizio dei tempi che lavorano insieme. 

Dall’esterno può esserci la percezione che lavoriamo molto con i brand ma in realtà io penso sia un effetto ottico. Siccome facciamo progetti molto organici non abbiamo il bisogno di nascondere i nostri partner. 

I progetti che facciamo con Gucci, Stone Island, con Juventus, sono eventi e contenuti che noi firmiamo. Sono nostri format che alcuni brand hanno l’affinità necessaria per decidere di sposarli. I nostri partner sono interlocutori che ci capiscono nonostante siamo radicali, un oggetto strano, hanno il coraggio di darci carta bianca. Di riflesso, noi li mettiamo al centro del progetto.

P: Remain in the club. Dopo la Brexit, al festival si è parlato di Europa, con Eric Jozsef e tanti pensatori, giornalisti e analisti del mondo. La musica è politica e voi vi siete schierati.

G: Noi siamo assolutamente europeisti. Su tutte le nostre comunicazioni, scriviamo Torino – Europa / Milano – Europa. Abbiamo anche pensato a un certo punto di scrivere Europa sull’artwork di Londra.

Nonostante tutte le complicazioni post-Brexit ci sono moltissimi artisti UK che suonano al festival e abbiamo un evento annuale a Londra. Per noi il Regno Unito non sarà mai un corpo estraneo all’Europa.

 

 

P: Franco Battiato, Thom Yorke, Aphex Twin, i Kraftwerk, Johnny Greenwood. Chi ha influenzato di più l’immaginario di C2C Festival? Chi ti ha emozionato di più?

G: Per me tre momenti distintivi della mia carriera al festival sono stati: l’istante in cui è stato confermato Aphex Twin, l’istante in cui è stato annunciato Aphex Twin e l’istante in cui Aphex Twin ha fatto lo show al Lingotto. Per il lavoro che c’è stato dietro; non è un’iperbole dire che per dieci anni abbiamo mandato un’email al mese. Era veramente così, una volta su sei ricevevamo una risposta interlocutoria. Mi ricordo precisamente l’istante della telefonata in cui ci dissero che Richard stava prendendo in considerazione l’idea di fare lo show e poi l’istante in cui abbiamo annunciato l’unica data mondiale (nel momento dell’annuncio quello era l’unica data al mondo), so per certo che dopo l’annuncio un sacco di gente ha cercato Torino su Google Maps.

 

P: Tra le decine e decine di gig e show, un artista ingestibile. Un ricordo.

G: Erikah Badu ci fece perdere alcuni anni della nostra vita. Sostanzialmente le prendemmo un volo intercontinentale business da Dallas alla Valle d’Itria tre giorni prima dello show, per stare un po’ larghi. Lei decise di rimandarlo svariate volte per poi finalmente salire sul volo che l’avrebbe portata a Locorotondo circa venti minuti prima dell’inizio dello show. Non ricordo bene il motivo preciso ma si decise all’ultimo momento di darle la mia stanza di hotel come backstage. Lo show iniziò comunque un’oretta in ritardo perché Erika doveva prima scacciare i demoni dalla mia camera.

P: Ma ogni giorno il sole tramonta e la cosa più superba è la notte (l’incipit della poesia di Alda Merini letta da Carlo Pastore apre il video realizzato dal festival con Adidas per il lancio della maglia away della Juventus 2021-2022). Quando sarà di nuovo una grande Juve?

 G: Non saprei ma ti posso dire che più la Juve va male, più io sono juventino.