Lo spettacolo di inaugurazione del Roma Europa Festival porta in scena nove danzatori, un attore, quattro musicisti, due cantanti e quaranta figuranti. Su un libretto di Felwine Sarr e con la musica di Rokia Traoré, Serge Aimé Coulibaly, che negli anni ha collaborato con Alain Platel e con Sidi Larbi Cherkaoui, sviluppa un vocabolario danzato basato sulla violenza interiore e sulla fragilità. Danza, teatro, musica e politica si intrecciano così in uno spettacolo che parte dalla storia di un continente, partendo dalla battaglia di Kirina, fino ai nostri giorni, pur restando suscettibile di molteplici interpretazioni, ma la cui forza espressiva aggiunge semmai altri dubbi, nuove domande e riflessioni. Senza una chiara immagine del domani restiamo intrappolati nella cieca storia, politica ed economia, dobbiamo comprendere tutte le alternative possibili per avere il pieno controllo del nostro futuro. In questo affresco del passato e del domani, in cui la danza è una marcia e la marcia rappresenta una trasformazione, Coulibaly ci guida attraverso una narrativa simbolica pagano-antica che evoca la necessità della migrazione.