Morto un papa se ne fa un altro: Roma e i romani sono famosi per i loro detti sarcastici e questo è forse il più noto fra i lasciti della proverbiale verve capitolina. E che, nelle intenzioni di un certo corpo politico, niente e nessuno siano insostituibile, i romani lo hanno sperimentato sulla loro pelle, a suon di rimozioni coatte e chiusure inaspettate.
Non mi lancerò nell’ennesima – per quanto sempre utile – giaculatoria sulle perdite che ha subito la Città da un po’ di anni a questa parte, ma non posso non sottolineare che ciò che caratterizzava l’offerta culturale romana si sta sgretolando pezzo dopo pezzo – vedi la notizia dell’interruzione di uno storica rassegna come FotoLeggendo, che della fotografia aveva fatto il proprio credo -. È dunque doveroso ricordare che un’esposizione come quella del Museo di Roma è resa possibile proprio da un altro importante festival, stoppato in tutta fretta dall’allora neodesignato assessore e vice sindaco Luca Bergamo: Fotografia, che della Commissione Roma aveva fatto il suo fiore all’occhiello.
Un progetto che è valso alla Città un patrimonio fotografico inestimabile, fra scatti di Martin Parr, Josef Koudelka, Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Alec Soth, Paolo Ventura, Marco Delogu, Paolo Pellegrin, Roger Ballen e tanti, riuniti ora in questa mostra che ha tutte le sembianze di un canto del cigno. Noi, però, non ci arrendiamo, resteremo qui ad aspettare il prossimo papa. E chissà che almeno questo non ami la fotografia.
Scritto da Enrica Murru