L’arte ne è piena di storie belle. Di quei percorsi di vita che magari ti portano a non essere un enfant prodige, al non sfondare – come nel caso della musica – alla prima uscita. Insomma, di questi signor-nessuno che, a un certo punto e forse anche un po’ per caso, diventano volti riconosciuti. Nel clubbing un caso analogo – per rimanere in tempi recenti – può essere quello di Dj Marcelle. Nelle musiche altre, la storia di Abul Mogard è di quelle da lacrimuccia.
E poi c’è lui, Vladimir Ivkovic. Che viene dalla Jugoslavia – chiamiamo le cose per come meritano d’essere chiamate – e vaga nel mondo della cassa da oltre un ventennio. Negli ultimi anni pare che il mondo si sia accorto di lui. Mai avrei pensato di dirlo, ma: si ringrazi per questo Loco Dice e a Desolat. Insomma, ti ritrovi davanti quest’uomo di mezz’età, con la barba lunga, che sciorina techno astrattissima, la infioretta con ambient, d’n’b e compagnia sviaggiona. Accelera e rallenta che è un piacere e ha il tocco di quelli che sanno il fatto loro (cioè pochi).
Accade quindi che faccia tappa a Roma, per la prima volta. E a far da Cicerone non poteva essere nessun altro se non il vate: Donato Dozzy. Le sensibilità non sono così differenti, e a suo modo anche il dj e producer romano è uno di quelli che – a partire dall’esperienza Voices From The Lake – ha vissuto una seconda vita. C’è davvero un tempo per ogni cosa.
Scritto da Kyösti Vainio