Ultimo atto della trilogia avviata con “On Flower Power” (2019) e proseguita con “INTERWINGLED” (2022), “Food Age. Food as Influencer” non è una mostra sul cibo, ma il palco in cui va in scena la sua sublimazione. La sensazione, entrando nell’ampia sala centrale della Galleria Nazionale, è quella di accedere a una cucina metafisica, in cui gli alimenti hanno perso la loro primaria funzione nutritiva e sono diventati oggetto di riflessione, in modi e forme tra loro molto diversi, ma al tempo stesso complementari – l’allestimento porta la firma di Martí Guixé e Inga Knölke.
È l’arte che si impadronisce del cibo: Antoni Miranda lo colora in modo innaturale con i suoi “Colored Bred”, “Colored Rice” e “Colored Maccaroni”; Piero Manzoni lo trasforma in scultura ricoprendo del pane con la vernice bianca; Vanessa Beecroft lo rende il protagonista cromatico di un banchetto surreale popolato da trentadue commensali eterogenee per provenienza e nudità; Rubén Verdú lo propone nella veste di lecca-lecca custode della luce del sole.
Nella mostra la rappresentazione del cibo valica i confini della natura morta, uscendo dalla bidimensionalità del quadro e accostandosi a espressioni artistiche nuove, smette di essere solo un elemento necessario alla nostra sopravvivenza e diventa esperimento, materia, concetto, in un climax che trova il proprio culmine nel video della performance di Marina Abramovich, “The Onion”. Difficile fissare lo schermo fino alla fine senza provare disgusto nel guardare l’artista addentare una cipolla cruda, simbolo dei dolori che attanagliano le nostre vite.
Scritto da Silvia Conticelli