Correva l’anno 2013 quando ebbi la fortuna d’assistere ad un live dei Raveonettes: preparavo l’esame di statistica economica e il Circolo degli Artisti era uno dei luoghi più chiacchierati d’Italia. Ma questa è un’altra storia. Ciò che conta è che il duo danese nel corso della sua longeva carriera si è contraddistinto per essere tra le band più frizzanti e avvolgenti degli anni Zero, grazie a una sensibilità pop che attinge a pieni mani da mostri sacri quali Velvet Underground e The Jesus and Mary Chain.
A distanza di qualche anno dall’ultima uscita discografica, la band è tornata con un nuovo album in studio, “Pe’ahi II”, che, per chi non lo sapesse, è un chiaro riferimento a uno noto spot surf sulla costa settentrionale delle Hawaii e già da solo spiega sufficientemente gli scenari in cui si muove l’album. Attraverso un mix fresco di groove cullanti e tonnellate di riverbero, i Raveonettes disegnano uno spettro emotivo davvero ampio, in cui l’armonia coesiste con il rumore, mentre la voce di Sharin Foo sembra donare un’atmosfera eterea in cui le tastiere brillano come stelle accecanti.
Un rock ‘n’ roll dannatamente rétro e senza tempo che li rende ancora avvincenti, evocando epoche musicali mai vissute, ma in cui, per forza di cose, ci si ritrova assolutamente dentro (mentre Phil Spector fa da spettatore).
Scritto da Fabrizio Melchionna