Un fenomeno si trasforma in ossessione quando tutti sentono il bisogno di farne parte, così è per la sharing economy che ora coinvolge anche i cani, trattati come “qualcosa da avere” anche solo per un giorno, come fossero un’auto o un altro bene di “lusso”. Il paradosso del cane-oggetto-status symbol viene ripreso e declinato da Augustus Serapinas partendo da una assurda coincidenza: accanto alla sede espositiva, il Basement di Cura., c’è un pet salon per viziare le amate bestiole. Le abitudini quotidiane vengono analizzate e riproposte in modo teatrale come parte di uno studio antropologico sociale più ampio. Siamo di fronte alle contraddizioni tra i nostri valori e le nostre azioni che si manifestano in tante differenti “addiction” (dipendenze) come quella per i nostri animali domestici che ci fanno da specchio più di quanto crediamo. Come chiosava Eugène Ionesco, a cui Augustas Serapinas stessa si è ispirata, «Non poter concepire un mondo senza limiti, non poter immaginare l’infinito, è questa la nostra infermità di fondo».
Scritto da Chiara Ciolfi