Sotto le coltri di rumore. Nonostante quell’espressione distaccata. Aldilà di una loquacità pressoché nulla e di un’affabilità pari a zero. Dietro quel muro di pedali ed effetti che si porta dietro anche senza i Dinosaur Jr. Oltre tutto questo, c’è il J Mascis solista, quello di album meravigliosi come “Several Shades of Why”, ma pure il successivo “Tied to a Star” e poi l’ultimo “Elastic Days”, tutti ovviamente licenziati per la fida Sub Pop. Il J Mascis che, oltre all’anima da noiser, è pure un inguaribile cuore di panna (e gli artwork dei suoi dischi sono piuttosto esplicativi in tal senso).
Con il suo vero esordio da solista, nel 2011 il “primo guitar hero americano dell’indie rock” (ri)scopriva l’anima unplugged celata sotto i suoi capelloni bianchi e dietro muri di Marshall. In tutti e tre dischi rimangono le melodie morbide, la voce nasale, qualche distorsione liquida, un ermetismo lirico innato e le collaborazioni con musicisti fidati, come Pall Jenkins dei Black Heart Procession. Scompaiono la batteria e le orecchie fischianti del day after.
Eppure un concerto di J Mascis resta qualcosa che riconnette con un certo tipo di rock americano, alternativo e indipendente, e ovviamente con gli anni Novanta, creando nuove connessioni con il folk, attraversando mood che vanno dal cantautorato più intimo fino alle code vagamente psichedeliche. Un concerto di J Mascis, pure se in solo e con tanti passaggi acustici, pure se su una terrazza esclusiva al centro di Roma (per uno degli ultimi appuntamenti della stagione di Unplugged In Monti), vi farà comunque sempre sentire al sicuro come in quel vecchio scantinato dove si facevano le prove e si ascoltava la musica appalla con gli amici.
Scritto da Chiara Colli