Quando negli anni 40 Borges scrisse “La lotteria di Babilonia” aveva davanti a se un mondo moderno, complesso, con le peggiori forme di totalitarismo che la Storia abbia mai visto, ma non interconnesso come quello attuale. Certamente non poteva immaginare che una società governata dal caso, tramite un sistema di estrazione gestito da una fantomatica e occulta Compagnia come quella descritta nel suo racconto, si sarebbe potuta avvicinare a quella attuale, in cui il destino di un individuo può essere influenzato irrimediabilmente da eventi che accadano d’altro capo del mondo e possono anche avere natura immateriale – leggi digitale.
Ed è proprio a quella “Company” che l’artista pakistana Huma Bhabha si rifa per la sua prima mostra a Roma. Sculture antropomorfe, dove si scontrano sughero e Styrofoam, come ipotetici reperti archeologici di una società futura, ma già perduta, dove, per ironia della sorte, i brandelli di un’apocalisse tecnologica si sono ricombinati in totem primitivi e precoloniali.
Scritto da Hattori Hanzo