Quando Gropius scopre le prime opere di László Moholy-Nagy inizia nella scuola del Bauhaus un nuovo capitolo della storia della fotografia. Con un occhio al costruttivismo, la produzione dell’artista ungherese – limitata nel numero ma non nel contenuto – si compone di fotoplastiche, tipofoto e fotogrammi: in essi è la luce a divenire strumento per teorizzare approcci fotografici nuovi.
Il risultato non è solo un’intuizione, ma un processo logico che, attraverso media complementari, sintetizza la percezione simultanea di avvenimenti diversi, esprime il suo tempo e anticipa il futuro. Perché, dirà lo stesso Moholy-Nagy, l’illetterato che verrà «non sarà colui che non sa scrivere, bensì colui che non sa fotografare». La mostra si completa con un’intervento nel chiostro dell’artista visivo Sàndor Vàly, ri-contestualizzando le teorie lumino-tecniche del maestro ungherese.
Scritto da Emiliano Zandri