Quando si cerca di tradurre il pensiero in segno solitamente ci si aggrappa a delle coordinate ben determinate: quando si scrive si va da sinistra a destra, i fogli si riempiono dall’alto in basso, si tracciano le linee genealogiche attraverso ramificazioni e così via.
Ma come è possibile tradurre con queste modalità il proprio animo, le proprie emozioni, che tutto seguono tranne le regole spazio temporali e il principio di successione? Come è possibile mettere in un museo la vibrazione dell’essere umano? Carlo e Fabio Ingrassia e Eugenio Tibaldi hanno consegnato la loro risposta alla Galleria Nazionale: un’installazione espansa dove tutto accade all’unisono, dove la memoria notturna di una dimora spettrale si disarticola e mostra in contemporanea i suoi singoli elementi: candele, uncini, crocifissi, guanti.
Scritto da Nicola Gerundino