È l’ultimo giorno di Dekmantel, il terzo, quello che potrebbe sembrare il più faticoso. Invece sei entrato in un loop: è da due giorni che ti alzi più o meno sobrio, fai colazione, guardi il meteo, ti vesti e ascolti i traccioni shazzamati durante i set del giorno prima. Fai tutto con estremo piacere, anche se non capisci da dove arriva quella terra che c’è in camera. Poi con lo stesso sorriso con cui ti sei addormentato ti avvii verso l’unica meta a cui puoi arrivare: il festival. L’ultimo giorno, quello dove dai tutto il meglio di te e finisci tutto o almeno speri.
All’arrivo, oltre al fatto che ti senti a casa, stavolta c’è una calamita in più. C’è Carista che sta già spingendo felicità nell’aria. House soulful, quella coi vocal dalla vena liberatoria; house jazzata quella coi tromboni; house tribale, quella incalzante e ossessiva; ritmiche spezzate che strizzano l’occhio al grime e al dub. Le influenze africane delle sue terre d’origine si sentono eccome, e alla sirena del remix di Bugz in Attic dei 4Hero di “Hold it Down” capisci che quel set non lo dimenticherai facilmente.
Anche per Carista probabilmente è stato così perché il giorno dopo su IG posterà “When you bring the proudest mother in the world to work… She is my everything. I love you mama! Thank you so much @dkmntl festival. It was my pleasure to play on your main stage yesterday!” e la mamma era visivamente presa bene come tutto il dancefloor.
Se avete la mamma particolarmente dedita alle piste da ballo portatela con voi, non rimarrà delusa. Magari finalmente capirà che cosa vi portate dentro dopo una serata a base di house e non vi guarderà più straniti quando tornate a casa dopo tre giorni di festival.
Scritto da Zagor