«Sire, c’era una volta»; con queste parole la giovane Scheherazade iniziava il suo racconto ogni sera, lasciando il sultano così ansioso di ascoltarla da permetterle di trascorrere un altro giorno in vita. Così fa Miguel Gomes, nella sua trilogia Arabian Nights: intreccia realtà e fantasia in un miscuglio di frustrazione, malinconia e tirannia farsesca. In lontananza si staglia il Portogallo, imponente e paralizzato dai grossi numi europei a dorso di cammelli. E se una storia finisce un’altra inizia.

È l’odissea di John Clare, romantico poeta ottocentesco, che ossessiona il lavoro dello scrittore Iain Sinclair e del regista Andrew Kötting. By Our Selves è accattivante e un po’ inquieta. È una passeggiata di novanta miglia alla ricerca dell’amor perduto, in un parallelismo donchisciottesco che frantuma presente e passato. A fare il maratoneta ci pensa Frederick Wiseman, con In Jackson Heights, il suo ultimo documentario, capace di una forza morale degna di Dickens. Dopo il Leone d’oro alla carriera probabilmente apparirà sul Monte Rushmore nella sezione che gli compete. È una minuscola parte del monumentale programma presentato dal FilmMaker Festival, sorprendente quanto Homeland (Iraq Year Zero).

Come ci si prepara a un’invasione? La risposta la dà Abbas Fahdel, efficiente nel mettere a punto strategie estetiche radicali per narrare un clima ossessionato dal paradosso, dall’indeterminatezza e dal destino fatale. Il sultano irato dal tradimento di una delle mogli ne Le Mille e una notte ispira Mattia Colombo, Voglio dormire con te è incentrato sulla transitorietà e la fragilità dell’amore, quanto ci sentiamo insicuri in un letto altrui, almeno finché non arriva il dolce sonno che ci distoglie dall’assedio e permette una pausa. Con una grazia disarmante ci pone di fronte a un diario o a una conversazione che possiamo ascoltare solo in segreto.