Torna l’unica Biennale di quartiere della città, che come ogni evento-cosa-attività di NoLo fa del nome del quartiere un suffisso e un bastione, testimoniando la sentita compartecipazione di pressoché ogni cosa nella “Nolitudine”.
Biennolo2021 ha un titolo che è già un programma: NUNC EST BIBENDUM, NUNC PEDE LIBERO PULSANDA TELLUS [Ora bisogna bere, ora bisogna far risuonare la terra con il piede libero]; firmato: Orazio, “Odi”. Dopo due anni dalla scorsa edizione e con una pandemia nel mezzo, l’esortazione al bere e al danzare con cui Biennolo mobilita la filiera creativa cerca di rispondere alla più grande domanda dei nostri tempi: come tornare a stare insieme? Se per certi versi l’ode oraziana suggerisce che qualcosa è passato e qualcosa di nuovo comincia, che la festa è un inizio, lo stare insieme per come ce lo ricordiamo è una strana spina nel fianco. Sono spruzzi di abitudini, microdosi di quell’ostinatezza che è “normalità”.
Sarà per questo che Biennolo fa tremare la terra: raddoppia gli artisti – cinquanta –, gli interventi pubblici – dieci – e gli spazi che saranno ben tre, hub di quartiere che si radicano a NoLo ma si snodano fino alle coste dell’Isola. Grandi maestri, giovani, emergenti e un grande spettro di tecniche, dalla pittura alle performance fino ai video, più una carrozza di un treno destinata a girare nei distretti metropolitani con un’opera di Igor Eskinjia.
Insomma, movimento, apertura, sconfinamento: questi i presupposti di Biennolo2021, a ricordare che per stare insieme bisogna innanzitutto vedere le cose in scala, dai manifesti, ai balconi alle edicole.
Scritto da Piergiorgio Caserini