Se il suono di una cowbell può, a un orecchio distratto, essere troppo caratterizzante, sappiatelo: qui si tratta di trasmodare. Non nello stile, ma nell’attitudine. Ci sono un sacco di cose dietro agli occhi di questo esule italiano: tante arpeggiate e tutte assaggiate da tutti almeno una volta per non farci perdere tra le note di piano che si rincorrono in gioco scivolando su fruste, percussioni sferiche e spigoli ritmici; le giustapposizioni concrete di quella discomusica che va ben oltre l’etichetta che porta. Rodion non è un dancer e nemmeno un romancer, è la potenza numerica della velocità di una massa sonora che punta dritta al futuro.