I grandi chef non sono quelli costantemente sotto i riflettori. Di poche parole, preferiscono mettersi al servizio dell’arte affidando il loro messaggio ai piatti. Giorgio Gigli guarda alla tradizione della techno per creare nuove ricette in grado di esaltarne aromi inediti. Le materie prime che non mancano mai nella sua cucina sono soundscape dominati da un’oscurità solenne accompagnati da un battito barricato, ruvido e industriale. Un sound da godere a occhi chiusi, collegando le orecchie alle papille gustative, perché la musica è il sapore più intenso. Un po’ meno raffinato è invece Lory D. Il mio primo incontro consapevole con Lory D fu invece durante un festival romano dei primi anni Zero, con degli scozzesi fomentatissimi che lo incitavano “Lory Lory D! Lory Lory D!” e lui giù a menare con un live set di una violenza e acidume inauditi. Lì capii che i suoi “Sounds Never Seen” non erano importanti solo per i romani e l’era rave, ma per tutta la techno europea. Tuttora basta nominarlo a uno dei dj anglosassoni da noi tanto hypeati per entrare nelle loro grazie. Così oggi troviamo Lory D in mezzo ai “pischelli” a insegnare come si va nel futuro: facendo sbandare ritmi e suoni su una pozza d’acido.