Le città sono i luoghi dove a occhio e croce accade tutto, o almeno quel che accade lo fa con cadenze e frequenze decisamente più vertiginose che altrove. In questo senso le città sono gli indubbi traini degli stili di vita, delle facoltà di immaginazione in un dato senso comune, dei dibattiti sull’abitabilità interna ed esterna, ovvero urbana ed extraurbana. La ragione è oltremodo semplice: le città sono i nodi polarizzanti delle discorsività contemporanee, e nell’immagine dell’urbe si condensano circa tutte le istanze globali e dell’umanità – poiché pare che da un lato non ci sia altro luogo da abitare per la specie umana se non i conglomerati, e i trend di urbanizzazione parlano piuttosto chiaro in merito; e dall’altro poiché le città sono i luoghi in cui le istanze prendono velocità, vale a dire accedono a quella forza di diffusione che problematizza a livello globale e spinge più che altrove alla sua discussione, e qui un esempio su tutti è la cosiddetta airbnbzation, cui si può trovare un palco di discussione importante prima a Barcellona e da lì, come si saprà oggi, a Napoli, a Milano, a Berlino, a New York e via: al mondo. Certo è che ogni riflessione o azione che abbia a cura la città deve avere uno sguardo lungo. In primo luogo poiché i piani stessi di intervento nelle città vengono stilati, decisi e avviati decadi prima dei loro effettivi sviluppi, dall’altro poiché per quanto la città sia una macchina dedita alla velocità e alla produzione di valore che alla velocità compete, ogni cambiamento richiede passaggi lenti e meticolosi, pena l’inceppo dei meccanismi.
Un’educazione allo sguardo attento e critico verso gli sviluppi e i potenziali dei luoghi in cui viviamo, e che sono a tutti gli effetti i simboli dell’umanità odierna: le grandi città.
Un lungo preambolo per parlare un poco di Stratosferica, organizzazione che si occupa di cultura urbana che, vista l’ampiezza e le scale dei temi trattati, si potrebbe tradurre come un’educazione allo sguardo attento e critico verso gli sviluppi e i potenziali dei luoghi in cui viviamo, e che sono a tutti gli effetti i simboli dell’umanità odierna: le grandi città.
Stratosferica a Torino è alla settima edizione di Utopian Hours, uno dei più importanti festival al mondo di discussione sulla città e su come la città si fa, che raccoglie e invita policymakers, architetti, attivisti, aziende e builders che sulle città – e quindi sulle idee, le rappresentazioni e i modelli che queste promanano – hanno effettivo impatto. L’edizione del 2023 (dopo una trilogia dedicata alle tensioni dell’urbe: The City At Stake, 2020; The 1000-minute City, 2021; A World of 8 Billion Cities, 2022) è Manifesto for a New City Making, un programma che si fonda sull’individuazione di tre parole e macroaree di discussione e intervento che sono a tutti gli effetti al centro delle problematizzazioni delle città odierne: undensity (lo stato della densità urbana ma anche dell’effettivo potenziale creativo e generativo, se ben pensato, della concentrazione umana e di capitale), egomobility (io mi muovo ergo sum: accessibilità e trasporti) e polyspaces (vale a dire le potenziali matasse di relazioni tra pubblico e privato, interno ed esterno, anche in termini di uso degli spazi).
Questo è quanto, ed è tanto. Riguardo all’altitudine dei temi trattati e dei toni con cui se ne parla, vi basti sapere che le scorse edizioni si è arrivato a parlare di nuove teologie urbane, dell’essere cittadini come “categoria dello spirito” – cosa su cui tutto sommato il buon vecchio Hegel potrebbe anche concordare, quantomeno pensando alla città come esercizio di un’etica tutta sua, con le sue dialettiche e i suoi saperi sul mondo – e che siamo otto miliardi. Basta quest’ultimo dato a suscitare una certa urgenza – e dell’indubbio fascino – sullo stato dei luoghi dell’umanità, e delle città soprattutto.
Il programma è immenso e riguarda un numero alto di città (diversi focus importanti sono però proprio su Torino), e lo trovate qui al link.
Scritto da Piergiorgio Caserini