Quante volte avete ascoltato i racconti nostalgici di persone più grandi su concerti indimenticabili, di artisti che al giorno d’oggi sono leggende e che sembra incredibile ci fosse un tempo in cui si potevano ascoltare in contesti di media grandezza e a prezzi umani?
Ecco, tra qualche anno potrete essere voi a suscitar invidia e stupore. Makaya Mccraven è infatti quel tipo di artista: un innovatore protagonista del suo tempo, con i piedi saldi nel passato ma proiettatissimo verso il futuro. Batterista, compositore, arrangiatore, esce fuori da quell’arena di fenomeni che fa capo all’International Anthem di Chicago – etichetta che deve ancora sbagliare un disco. Parliamo di un’artista che passa dagli incroci più avanzati tra elettronica e jazz al reinventare la tradizione Blue Note e il repertorio di Gil Scott Heron, fino a collaborare senza sforzo con il nu jazz intriso di groove della scena londinese.
Camaleontico, ma senza snaturarsi. Anzi, Makaya riesce a diventare l’elemento accentrante di ogni progetto grazie alla sicurezza calma che sprigiona dal suo playing. Uno stile mediano tra il tipico “singhiozzo” contemporaneo molto di moda, derivato dall’influenza di J-Dilla, una solidità dritta sul beat da batterista rock, e l’eterea leggerezza (quasi free) di jazzisti “puri” come Brian Blade.
McCraven arriva a Milano per JAZZMI. Non fatevelo raccontare.
Scritto da Filippo J Cauz