La cultura dei podcast è ormai totalizzante, nel senso che nove persone su dieci che vogliono raccontare una storia al pubblico pensano in primis di farla così.
Una vecchia storia a pensarci un attimo soltanto, quella della voce. Tutto era voce al principio, si dice: voce all’origine delle storie, nelle prime narrazioni che abbiamo ascoltato come ascoltavamo con ogni probabilità decine e decine di migliaia di anni fa – e potremmo star qui e continuare a tirarci le pippe sull’originalità del medium laringo-fonatorio, sulla profondità della storia che vi si dipana, sul linguaggio nato dai canti dei fringuelli, ma il fatto in fondo è che sì: ci piace prima di tutto sentir parlare gli altri, meglio se con un vocal trainer di qualità.
Insomma il grande successo dei podcast sta con ogni probabilità nella sua chiara inclinazione a raccontare piuttosto che informare. Cosa a sua volta ha una side story, un po’ sordida a dirla tutta, che è quella dell’infotainment. Termine a dir poco nefasto, trickster semantico di cui non ci stupirebbe il contributo nel crollo dell’informazione tradizionale (sorvolando sulla “tradizione” in sé), poiché ha indubbiamente spalancando porte e possibilità a voci singolari e ipnotiche e a nicchie di ascolto e di pubblico.
Nata nel 2020, ha certo dato una botta importante alle piattaforme di audiostreaming in merito al podcasting (altrimenti relegato, per chi ascoltava in italiano, a poche uscite e molto spesso non sulle suddette piattaforme generaliste) e alla loro familiarizzazione con il pubblico, raccogliendo in poco più di tre anni autrici e autori che sono ormai semi-star nella nicchia slargata degli ascoltatori, quanto meno perché arrivati primi su tutti, non necessariamente negli esiti ma nella progettazione dei racconti e delle ragioni del racconto.
Ed eccoci al quinto anno, con la seconda edizione del primo festival di podcast, CHORA VOLUME 2, Festival dell’ascolto, della voce, delle storie: tre giorni pieni zeppi di panel, racconti, dibattiti e performance e spettacoli dal vivo – pure workshop e laboratori e camminate – sapientemente organizzato al Conservatorio Verdi di Milano (ottima scelta, lo dobbiamo dire).
Troverete insomma le voci più note di Chora – manco a dirle che già vi frulleranno in testa: Cecilia Sala, Mario Calabresi, Valeria Montebello o Luca Bizzarri o Francesco Zafferano, ma andiamo oltre, pure la Lipperini o l’ormai sempreverde paesologo Arminio, Diego Passoni da Radio Deejay ma pure Zenti (early bird dei podcast, o comunque delle forme espressive di radice radiofonica, since 2007), insomma: un’iniziativa che va molto al di là del pubblico appassionato, di nicchia per nicchia d’ascolto, di addicted e lavoratori, ma si rivolge pressoché a tutti, perché tutti ascoltano le storie, tutti le raccontano, ma soprattutto ormai tutti ascoltano i podcast. C’è da vedere se l’abitudine all’attenzione indiscriminata, da presenza, cede il passo allo spettacolo dal vivo.
Scritto da GP