Non so nel resto della Penisola, ma sicuramente a Roma c’è stato un tempo a cavallo tra i millenni nel quale i Karate erano una sorta di feticcio, una band che riassumeva un modo di sentire il mondo, non solo la musica. Un po’ come i Fugazi in ambito post-hardcore. Quel mix di indie rock (quello vero), accordi blues, ritmiche jazz, dilatazioni “post” e sensibilità “emo” ha fatto breccia nei cuori della scena alternativa capitolina e dei giovani appassionati di allora, come il sottoscritto, che frequentavano spesso e volentieri i numerosi concerti del trio di Boston capitanato da Geoff Farina.
A causa dei noti problemi d’udito di Farina la loro parabola artistica si concluse nel 2005, dopo sei album e circa 700 live in giro per il globo. Il rapporto tra Farina e Roma è sempre rimasto elettivo, un legame intenso, aggiornato appena possibile con visite in veste solista, nuovi progetti come i Glorytellers o collaborazioni con gli Ardecore di Giampaolo Felici. Passano gli anni, la salute di Farina migliora, l’onda gigante della retromania travolge anche loro e il resto viene fatto dal lavoro certosino della Numero Group con le recenti ristampe di tutta la discografia della band. A marzo 2022 la notizia sperata: dopo diciassette anni di silenzio i Karate sono tornano in tour e nel 2024 pubblicano anche un nuovo album, “Make It Fit”, sempre per Numero Group.
Rivederli dal vivo dopo quasi venti anni sarà un piacere e forse anche un po’ destabilizzante. Tutto è cambiato ma la bellezza di brani come “The New Hangout Condition”, “There Are Ghosts” o “This Day Next Year”, con quella coda che vorresti non finisse mai, resta immutata. Scolpita nei cuori di chi ha avuto la fortuna di incrociarli, oggi come allora.
Scritto da Matteo Quinzi