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sab 02.12 2017 – mar 05.12 2017

KOPUNTU - "Confusion"

Dove

Macao
Viale Molise 68, 20137 Milano

Quando

sabato 02 dicembre 2017 – martedì 05 dicembre 2017
H 13:00

Quanto

sottoscrizione

Fa quasi strano ora leggere di Gezi Park, che sta a Istanbul un po’ come il Parco Sempione sta a Milano. A Macao, in occasione di Confusion, ne potrete sentir parlare da persone direttamente coinvolte o almeno assistere a proiezioni, a una mostra e a una serata musicale per sostenere la libertà di parola di questa new generation diaspora che contiene diverse identità della turchia. Per chi cade dal pero segue un riassunto delle ultime puntate, gli altri possono andare direttamente all’ultimo paragrafo di descrizione dell’iniziativa.
In un rapido flashback senza alcuna pretesa di esaustività viene in mente una città che qualche anno fa era il posto in ascesa in cui gallerie d’arte aprivano una sede dove svernare guardando il Bosforo, gli amici vi partivano in Erasmus, la guida che state leggendo ci aveva avviato la redazione e Club To Club svolgeva il festival parallelo al quale la sottoscritta ventunenne si era imboscata per sostituire un’amica artista (grazie, Agne). Un tizio di Monaco mi raccontò di aver scelto di trasferirsi nella stessa nazione che i genitori avevano lasciato anni prima per cercare fortuna perché era molto più allettante della noia bavarese in cui era nato e cresciuto. E non aveva tutti i torti.
23619071_10159516227360246_1179525000_n (1)Gezi Park, o meglio, le proteste esplose inizialmente in relazione alla distruzione del parco per fare spazio a edifici commerciali e religiosi, si accesero in tutta la nazione nel giugno 2013 per l’esasperazione data dalla deriva repressiva e filo clericale del partito della giustizia (sic) e dello sviluppo guidato da Recep Tayyip Erdoğan. Da lì sarebbe stato definito dai media il Sultano, con un giro di parole alla “Mille e una notte” fin troppo gentile. Non si trattava solo di qualche albero, ma di un processo di sfruttamento e gentrificazione cominciato da tempo e intenzionato a dare un nuovo volto al paese, a discapito dalle frange più povere marginalizzate dagli interventi urbanistici più cool. Le proteste pacifiche furono represse nel sangue dalla polizia. Quando un capo del governo dichiara che un social network è una minaccia per la società senza completare la frase con una solida argomentazione sui media degna di Umberto Eco, sai che quel paese è in guai seri per gli anni a venire.
E così è stato, in un crescendo di celodurismo totalitario in politica nazionale ed estera, con l’intervento militare in Siria sia contro l’ISIS che contro le milizie curdosiriane (che combattono l’ISIS ma che la Turchia considera terroristi) e le spallate alla Russia, la repressione nei confronti dei curdi, l’incarcerazione senza processo di migliaia di persone con il pretesto del tentativo di golpe militare dell’estate scorsa e con essa la chiusura di organi di stampa, la persecuzione di giornalisti, attivisti e avvocati. Sbandierando, ça va sans dire, la sicurezza delle istituzioni e la minaccia del terrorismo. Mentre Erdogan si dedicava a questo ed altro, tra cui un referendum che ne accentra ulteriormente i poteri permettendogli di restare fino al 2029, i 28 leader Europei pensavano bene di stingere con lui l’accordo sui migranti del 2016. Il governo turco ha ricevuto tre miliardi in cambio del blocco degli ingressi delle persone che tentano la rotta balcanica. Per renderlo effettivo è bastato un generico impegno della Turchia alla protezione dei migranti in base agli standard internazionali e la dichiarazione che si tratta di un “Paese terzo sicuro” che nel dialetto di Bruxelles sta per: un-posto- che-fingiamo- sia-abbastanza- sereno-per- rimandarci- persone-che- fuggono-da- situazioni-disperate- ma-in- cui-non- ci-trasferiremmo- neanche-per- tutto-l’oro- del-mondo. Un paese terzo sicuro da dove gli stessi abitanti emigrano per sfuggire alle persecuzioni, obiettare al servizio militare, farsi i sacrosanti fatti propri o anche ritrovare la speranza che trapela dalle immagini delle proteste di Gezi Park di quattro lunghi anni fa.
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Una nuova diaspora turca insomma, l’ultima ma non l’unica della sua storia. Kopuntu è nato da questa dispersione, un collettivo di persone impegnate in campi disparati come la medicina, l’artigianato e l’atletica, accomunate dalla produzione di significato. L’iniziativa di Kopuntu ospitata da Macao inizia il 2 dicembre con due panel di discussione sull’obiezione al servizio militare e sulla libertà di parola legata alle misure restrittive, alternati alla proiezione di cortometraggi e film. La serata sarà dedicata a musica live e dj set di artisti come Ko Shin Moon, Oceanvs Orientalis, Mr. Sür e Ahura Mazda, che spaziano tra sonorità mediorientali ed elettronica di vario genere. Dal 3 al 5 dicembre continuano le proiezioni e la mostra con le opere di Can Aksan, Deniz Aktas , Selçuk Artut , Ugur Caki ,Elif Demirci , Özgür Demirci, Levent Duran , Genco Gülan ,Cansu Gürsu, Uluç Ali Kilic ,Özge Kul , Zeyno Pekünlü, Özcan Saraç, Melih Sarigöl, Tugberk Selçuk, Ayse Tug, Esref Yildirim, Oddviz.

Scritto da Marta Collini