Saverio ha un bar in viale Monza. In realtà si chiama Javier, ma si fa chiamare così da ormai 30 anni, quando è arrivato a Milano dall’Ecuador. Lavora giorno e notte, si sente a tutti gli effetti italiano, preferisce la pizza marinara all’arroz anche se la domenica non abbandona la sacrosanta tradizione latina di incontrarsi a casa di amici per ballare e stappare centinaia di birre. Pedro viene da Lima, io gli dico che siamo vicini di casa pensando alla fermata della rossa. Lui mi dice che non ho capito nulla, a metà tra italiano e spagnolo, che Lima è in Perù ed è la sua città natale. A Milano vive in viale Certosa. Qui si trova bene, lavora con la famiglia in un ristorante peruviano a Nolo. Una volta ho avuto il piacere di scambiare due parole dalla finestra con la famiglia venezuelana che mi abita di fronte. Lui, non conosco il nome, è un uomo grande e grosso vaga sempre a petto nudo e indossa calzoni dei Chicago Bulls tutto l’anno. Gli ho chiesto se mi poteva consigliare dei ristoranti tipici del suo paese. Mi ha risposto che è ai domiciliari da tempo, non conosce così tanto bene la zona.
Milano è piena di storie di così, vengono a galla appena si ha l’accortezza di non girare lo sguardo, di non ignorare; strisciano silenziose nel traffico della mattina, sui mezzi pubblici, dentro le stazioni delle metro, nel pianerottolo di casa. La comunità latina di Milano è numerosa: le stime del 2018 vedono in prima posizione i peruviani (arrivati negli anni 80), seguiti da Ecuador, El Salvador, Bolivia e Brasile. Sono diffusi a macchia di leopardo anche se hanno delle loro zone di elezione: lo capite quando scendete a Centrale e vi spostate fino a Loreto, Pasteur, Padova, Greco, Crescenzago, Lambrate. Passeggini, famiglie numerose, pallonate sulle vetrine, musica latina dalle finestre e dai cortili perennemente aperti.
In questa sede vogliamo farvi conoscere queste comunità attraverso una delle situazioni che più ci piace: la tavola. Come spesso accade nelle grandi migrazioni, quello che difficilmente si riesce ad abbandonare sono proprio le tradizioni culinarie. Qui non parliamo di cene estemporanee, farlocche, pettinate ed occidentalizzate; qui siamo andati alla ricerca di taverne dove uscirete puzzando di brace e di fritto, di locali con la segatura a terra per tamponare gli schizzi di unto, ristoranti e botteghe nude e crude e per questo reali. Niente tacos da 12 € alla coppia, nessun Margarita in coppa Champagne: preparatevi a chilate di arroz de marisco, polli ruspanti con patatine fritte, cocktail flambè e ceviche scenografiche.
Ci trovate dentro intere famiglie sud americane, pasteggiano con boccioni di Coca Cola, parlano rumorosi mentre i bambini corrono tra i tavoli. Non siate timidi e fate come loro: ordinate tutto il menu che arriva generoso e arrogante sulla tavola. Una cucina vasta come il territorio delle nazioni che copre e che a Milano sono rappresentate. Piatti per lo più dall’esecuzione casalinga, basi di partenza semplici come pomodoro, aglio, prezzemolo e olio, pesce alla plancha (la griglia), egemonia di pollo, calamari, riso e zuppe. Colorati, goliardici, sicuramente fuori dagli schemi e ancora poco conosciuti, questi sono i locali che abbiamo selezionato: a volte meglio, a volte peggio, qui troverete il Sud America a Milano.
Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2019-09-01