Spezie

Transoceanica culinaria

Ricognizione nella ristorazione intercontinentale negli angoli nascosti Quartiere MACRO

quartiere MACRO

Scritto da Nicola Gerundino il 20 giugno 2022

L’abitudine ormai è quella di andare alla ricerca di piatti speziati e prodotti fuori dal catalogo merceologico degli ipermercati direttamente alla fonte, in quei quartieri dove le relative comunità hanno casa e si sono stanziate. Esquilino, l’asse casilino (Pigneto, Tropignattara, Centocelle), una volta Monti, ora invece il Quadraro. Il Quartiere MACRO, residenziale da lunghissima data e impiegatizio per natura, pur non appartenendo a questo novero custodisce delle sorprese e anche delle unicità. Piccole e nascoste, come spesso accade da queste parti.

C’è una strada tra il MACRO e Termini che sembra uno spaccato di città appartenente a un tempo antico, quando la Stazione era l’approdo di chi veniva in città in cerca di lavoro e non il terminale dell’alta velocità Roma-Milano. Una città simile a Napoli e Palermo, dove i quartieri attorno alla rispettive Centrali sono immediatamente popolari e si fa la spesa in strada.

Via Montebello: sanpietrini, cassette di frutta e verdura, gran viavai e diversi ristoranti che raccolgono gli abitanti delle comunità che abitano un più ampio cerchio intorno a Termini. C’è Asian Delight, che offre cucina cinese e soprattutto filippina, da mangiare su sgabelli abbastanza spartani; El Paisano e Lima Chicken per una botta di pietanze andine; Massawa, ristorante eritreo dove volano sambusa, ingera, zighinì e gored-gored. A poche decine di metri ci sono altri due storici ristoranti africani, a formare un triangolo abbastanza inusuale, sia per Roma che per il quartiere: sono Africa (via Gaeta) e Asmara (via Cernaia), quest’ultimo detentore di un’insegna anni Settanta con due palme verdi che si cercano incredibilmente bella.

Capitolo Medio Oriente: qui la scelta è tra l’elegante e storico Kebab di via Valenziani (sempre encomiabile) e l’altrettanto istituzionale Alfonso Cous Cous, dove i dubbi sull’ordinazione vengono fugati al solo pronunciare del nome.

Capitolo Cina: l’operazione nostalgia, quella dell’ordinazione dai pieghevoli con le scritte in verde, se la dividono Grand Dragon su via Nomentana e Piccola Cina in viale Regina Margherita, una rosticceria di forse quattro metri quadrati dove si mangia praticamente di fianco al registratore di cassa; mentre l’approccio contemporaneo spetta a JiaMo Lab, con i suoi straordinari panini croccanti farciti di carni stufate, e a Lin, ristorante più classico nell’aspetto, ma comunque nuovo nella proposta. Vicino di casa, geografico e culinario, è Galbi, coreano dove divertirsi tra kimchi e bbq a base di carne marinata.

Il viaggio si chiude con un ritorno nel vecchio continente europeo, con un itinerario ideale che va dal Mediterraneo greco di Ippokrates al Mare del Nord dove si incrociano le cucine di Smor, propaggine di cucina vichinga prêt-à-porter dove trionfano i piatti a base di pesce crudo, e di Bla Kongo, indirizzo più agé dove la Svezia e il resto del mondo si incontrano sulla via del tubero. La chiusura non poteva essere che nel Mediterraneo greco di Ippokrates,

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