La fotografia, attraverso l’evidenza visiva, documenta i paesaggi sociali, lotta per i diritti umani e testimonia le rivoluzioni politiche e culturali. Se la nostra società vuole rinascere e trovare un terreno comune per la crescita e l’evoluzione verso il futuro, le arti possono e devono svolgere un ruolo centrale. Il mezzo fotografico, nello specifico, ha sempre avuto una posizione particolarmente significativa nella registrazione di conflitti politici, guerre, tragedie e scontri e rappresenta il linguaggio democratico dei nostri tempi, una potente forma di espressione visiva, accessibile a tutti. Al giorno d’oggi, di fronte a divisioni radicali, si percepisce sempre più la necessità di un ascolto attivo e di un dialogo produttivo. Quando Pierre André Podbielski, intellettuale raffinato, ha fondato Podbielski Contemporary nel gennaio 2011, nel cuore di Berlino, a Mitte, la mostra di apertura Moving Worlds è stata una forte dichiarazione d’intenti. L’obiettivo principale del progetto, come quello dell’attività della sua galleria da quel momento in avanti, è stato quello di documentare le questioni politiche e geopolitiche da un punto di vista artistico. Alla mostra hanno partecipato artisti come Yael Bartana, Adrian Paci, Paola Yacoub, Lidwien van de Ven e Danica Dakic ed è stata introdotta da un saggio di Griselda Pollock. Dopo sette anni, la galleria torna a Milano in una nuova sede nel centro storico e fonde attività artistiche con la ricerca accademica, talks, performance, conferenze e proiezioni. Un nuovo punto di riferimento a Milano per la fotografia, una piattaforma aperta alla discussione e all’approfondimento.
Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2018-10-01