Sono ormai anni che Piazza Gae Aulenti si è fatta largo fra i place to be – o quanto meno to see – di Milano. Sarà che fa quasi parte della mia quotidianità visto che abito a un tiro di schioppo da lì (uno barra due, dipende se lo schioppo mi si spegne mentre pedalo), sarà che mi fa fatica issarmi su quella “collinetta”, sta di fatto che fino a qualche sera fa il mio interesse per questo posto era unicamente legato alla pubblicità del Voltaren, in cui all’omino piglia uno strappo alla schiena nel salire le scale mobili che guardano sulla stazione di Porta Garibaldi (come fai a strapparti sulle scale mobili?). Più che un must di Milano insomma, un mustocazz’.
Cara la mia Gae Aulenti, se vuoi arrogarti il diritto di essere una fottuta piazza e non solamente del cemento piastrellato con delle cattedrali di vetro e metallo conficcate dentro, devi avere un bar. E per issarti al livello di “piazza figa”, devi pure avere un bar figo.
L’accoglienza riservata a chi si accinge a varcare le soglie dell’Octavius Bar – presso il The Stage Restaurant – è degna di nota: elegantemente calda, cordialmente accomodante. Scopro poi che esistono due ingressi, uno principale e l’altro… dal negozio. Eh sì, il piatto forte della situazione è che trattasi del fiore all’occhiello del Replay Flagship Store: al secondo piano, appena sopra il negozio, il bancone del bar getta un’occhiata sulla piazza sottostante. Lui, il bar, vuole però discostarsi dall’avveniristica freddezza che lo circonda: il contrasto non ne pregiudica l’eleganza, anzi forse ci guadagna in fascinosità con il suo ambiente dalle tonalità di un legno caldo che si sviluppa quasi a ricordare, per forme e colori, un vascello.
La gestione del cocktail bar è riposta nelle sapienti mani di Francesco Cione, e la qualità fa decisamente da padrona, a partire dai dettagli. Uno su tutti: all’Octavius il piacere di potersi davvero godere il proprio drink al banco, a mio avviso discriminante nella valutazione del “qui sì che sto bene” almeno quanto un bel tanga su un bel sedere, è fuori discussione. I muscoli lombari ringraziano per lo sgabello in pelle iper comodo con piccolo schienale defaticante, ed il bicchiere dell’acqua mantenuto pieno e fresco grazie al ricambio di un cubetto di ghiaccio ha sempre il suo perché. Passando dalle pugnette ai fatti, dal cilindro di una bottigliera che spacca il barman estrae un Cuban Manhattan ed un Rum Old Fashonied con Diplomatico: esemplari, il tutto accompagnato da appetizer di pregevole fattura, come le mini tartare di salmone o l’orzetto con gorgonzola e radicchio rosso. L’inevitabile sovrapprezzo (dai 15 euro a salire) rispetto alla media cittadina è un dazio più che legittimo da pagare, direi sacrosanto anche per la pericolosità di una Corso Como che incombe lì vicino e sulla quale va fatta una preventiva scrematura.
Esperienza come me ne mancavano da parecchio, e passi pure (piazza) Gae Aulenti che, come direbbe mia nonna, mi indispone un po’. Qui io ci torno, perché tutte le cose che piacciono necessitano di un… replay.
Michele Iuliano