Un tempo luogo glorioso e sfacciatamente autentico, la mitica Trattoria La Madonnina non ha resistito alle cannonate del globalismo imperante ed è ceduta all’infighettamento coatto.
Con il recente rinnovo del locale, la patina del tempo è stata violata come nei restauri posticci di Eugène Viollet-le-Duc.
Là dove una volta regnavano tovaglie quadrettate e bicchieri infrangibili spessi due dita, ora i tavoli sono vestiti di candide tovaglie e bicchieri di cristallo. Impiattamenti pretenziosi e prezzi disonesti hanno contribuito a scolorire l’anima di un locale che per la vecchia Milano era sacro come un tempio. Non c’è più nulla di old school; con il recente rinnovo del locale, la patina del tempo è stata violata come nei restauri posticci di Eugène Viollet-le-Duc.
I piatti escono velocemente dalla cucina: cotolette fumanti, gnocchi allo zola, risotto allo zafferano. I grandi classici di sempre. Eppure, la sensazione è quella di un “mangificio” dove i clienti sono batterie di pollame da ingozzare e cacciare nel minor tempo possibile. Non ci sono più i vecchietti che parlano di calcio, le famiglie milanesi, sparito quel felice spaccato di ciò che eravamo – e forse non siamo più. Ci si siede, si ordina e si mangia con buona velocità. Una cucina schietta, certo, ma senza picchi di eccellenza, completamente inaridita. Che peccato che La Madonnina abbia messo al soldo il proprio amore per la tradizione.
Fino a maggio 2023 – Cambio gestione
Tra vecchietti che parlano di calcio e impiegati degli uffici lì vicino, qui alla Madonnina c’è uno spaccato felice di ciò che eravamo e – forse – non siamo più.
La Madonnina la riconosci dalla strana vetrina con gli occhiali da sole vintage esposti, le vecchie radio e le foto di una Milano che non c’è più. Capisci subito che si tratta di un ristorante, con un’insegna più vecchia di mia nonna e più retrò di una Vespa d’epoca. Dentro, si apre un altro mondo, e se non hai prenotato c’è sempre da aspettare. Appoggiati al bancone vecchio stile mentre aspetti pazientemente il tuo turno e dai un’occhiata in giro: manifesti, credenze piene di soprammobili, centrini all’uncinetto messi un po’ a caso, vecchie riviste, insegne in latta. I piatti escono rapidamente dalla cucina: cotolette fumanti, gnocchi con lo zola, risotto allo zafferano. I grandi classici, in poche parole. Tra vecchietti che parlano di calcio e impiegati degli uffici lì vicino, qui alla Madonnina c’è uno spaccato felice di ciò che eravamo e – forse – non siamo più. Siediti al tavolo, ordina e mangia con buona velocità. Una cucina schietta, senza picchi di eccellenza, ma comunque di gusto e di cuore.