C’è fuori un po’ di gente in attesa, ma per fortuna siamo in due ed è libero un tavolo alto all’ingresso: notiamo subito l’ambiente contemporaneo, minimal con mattoni a vista per essere precisi, e molti giovani attorno a noi.
Gli indizi che fanno sperare in un’ottima pizza ci sono tutti, scritti in bella vista sul menu: impasto con farina macinata a pietra ricca di fibre, sali minerali e vitamine; lievitazione naturale di 48 ore a temperatura ambiente; ingredienti tra i migliori d’Italia (pomodoro San Marzano o giallo da serbo vesuviano; olio evo pugliese bio; mozzarella, vini e birre lombardi); poche pizze in menu e senza troppi ingredienti.
Non resta che dare i numeri, ovvero scegliere una delle pizze che – come i piatti nei peggiori ristoranti cinesi – non hanno un nome, ma sono associate a un numero da 1 a 7: opto per l’ultima, con Pomodoro San Marzano, fior di latte, ‘nduja di Spilinga, parmigiano reggiano 36 mesi, basilico, olio evo biologico; mentre il mio socio ne ordina una fuori menu (ogni settimana ce ne sono un paio, di cui una vegana) con ricotta di bufala fior di latte, zucchine cotte nel forno a legna, fiori di zucca, menta, pepe nero. Due pizze molto buone, condite il giusto, con l’impasto morbido e dolce che esalta gli ingredienti.
Le pizze costano 7-10 euro e non è possibile varie variazioni (come, del resto, prenotare); in menu sono presenti anche sfizi (5-10€), piccole tapas di cucina italiana come polpette di bovino piemontese o burratina di bufala fresca con pomodorini gialli, marghini (mini pizze) e insalate. Noi abbiamo preferito il dolce, un ottimo e abbondante tiramisu con ricotta di bufala.
Sempre sorridenti i camerieri, anche se parecchio occupati e spesso in affanno: non è raro aspettare molto con i piatti sporchi sul tavolo, basterebbe una regia più attenta.
In definitiva un locale da tenere in considerazione per una pizza di qualità.