Si riapre, l’Emilia-Romagna è pronta a far ripartire spiagge, negozi, bar, ristoranti, mercati, parrucchieri, estetisti, tatuatori dal 18 maggio. Di ieri la dichiarazione dell’assessore regionale al Turismo, Commercio e Trasporti, Andrea Corsini. Tutti contenti? Non proprio. Perché se da una parte ci sono la voglia e la necessità di ricominciare, dall’altra la totale incertezza sulle norme somma ulteriore stress allo shock generale di questi mesi. “In questi giorni – ha dichiarato l’Assessore – termineranno i lavori dei tavoli tecnici chiamati a definire i protocolli di sicurezza per il riavvio delle diverse attività ora sospese, nel rispetto delle linee guida nazionali”. Ma lunedì è quasi arrivato e già si prospettano salti mortali e confusione.
Abbiamo chiesto a un po’ di ristoratori e baristi cosa ne pensano e come si stanno preparando.
«Noi abbiamo iniziato già da qualche settimana con il take away e l’asporto – ci dice Luca Pappalardo di Pane e Panelle – anche con l’intento di mettere in ordine il ristorante e cercare di capire gli scenari per la riapertura dalle voci che giravano sia in Italia che all’estero. La notizia più eclatante è stata certamente quella sulla distanza dei 2 metri tra un tavolo e l’altro ovvero i 4 mq di area complessiva. Abbiamo svuotato il ristorante per capire cosa veniva fuori: inutile dire che la riduzione è davvero impressionante e per andare oltre i costi possiamo immaginare solo un flusso più rarefatto ma costante e una cena da tre turni (che non avevamo mai fatto). Per il resto stiamo cercando di capire semplicemente come andrà sanificato il bagno, quali protezioni usare in sala e in cucina, ecc. Difficile così a ridosso, ma comunque saremo pronti».
«Abbiamo già i turni per la settimana prossima – racconta Fabio Rodda titolare dell’Osteria dell’Orsa e di altri locali. Ma stiamo cercando di decidere strategicamente cos’è meglio fare alla cieca, perché non abbiamo alcuna certezza. L’unica cosa che sappiamo è che il nostro locale Fuori Porta non riaprirà fino a dopo l’estate, perché con il distanziamento imposto, anche col meno restrittivo, non avrebbe senso. Stiamo lavorando su Orsa e Jukebox facendo delle ipotesi sulla gente e sul personale che vorremmo far lavorare almeno parzialmente per tirarlo fuori da una cassa integrazione che dura da due mesi, quindi ora siamo concentrati soprattutto sulla rotazione dei turni. Certo, a seconda che le distanze siano 1 metro fra un tavolo e l’altro o 4 metri sarà completamente diverso. Ovviamente il 18 apriremo in qualunque modo e poi saremo sul pezzo giorno per giorno per capire quant’è possibile lavorare e quant’è ricettiva la clientela».
Ma la questione dei 4mq di distanziamento – anticipata da alcuni giornali – è un problema che spaventa quasi tutti: «Aspettiamo una normativa certa per capire come muoverci – afferma Leonardo Negri del Pastis. Purtroppo per ora non abbiamo niente di chiaro, si parla di 4mq a cliente che è assolutamente insostenibile. Nel frattempo ci stiamo attrezzando con menù digitali via QR code con il proprio smartphone e un programma di sanificazione periodico sia fatto dal personale che da un’azienda specializzata. E stiamo chiedendo l’ampliamento del dehor e insieme agli altri esercenti stiamo cercando una soluzione per pedonalizzare la zona San Gervasio-Belvedere-Nazario Sauro».
C’è chi invece come Jan Nawazi di Kabulagna si pone domande soprattutto sulla questione della sicurezza: «Noi siamo contenti se si riparte, ma l’importante è farlo in sicurezza, prima di tutto garantendo la sicurezza di noi lavoratori. Sono tre giorni che giro mezza Bologna tra farmacie e supermercati per cercare dei guanti monouso, per dirtene una, ma è quasi impossibile trovarli. Per fortuna che ne avevo un po’ da prima del lockdown, altrimenti non avrei nemmeno potuto fare asporto. Oggi ho sentito di un benzinaio sulla via Emilia verso Modena che ne vendeva a 12 euro al pacco, vado lì ed erano già finiti. Faccio fatica a trovare anche le mascherine…Ripartire così è complicato perché se non siamo sicuri noi non sono sicuri nemmeno i clienti».
«Il problema è che non sappiamo nulla – lamenta Davide Cobbe di Fermento. Volevamo giocare d’anticipo e arrivare preparati con la consapevolezza delle spaziature, la sanificazione ecc. E aspettavamo sì una data, ma soprattutto le direttive. Ad oggi invece tutto quello che sappiamo ci arriva solo dai giornali. Le domande sono tantissime: il dehor posso allargarlo o no? Devo sanificare, ok ,ma con quali prodotti? E devo farlo ogni volta che uno esce dal bagno? Quante volte devo sanificare il locale? Ogni giorno, ogni ora? Boh…I condizionatori: come facciamo con l’arrivo del caldo? Oltre al fatto più importante che riguarda la questione del distanziamento che a seconda di come andrà impostata ci impone di fare dei piani economici per capire come andare avanti».
Critico anche Enrico Scarzella di Bizarre: «Noi stiamo chiusi fino a giugno e nel mentre vediamo cosa combinano perché se la storia è questa non conviene aprire per mille motivi. Chiedo: perché si va al bar o al ristorante? Semplice per vedere gente, vedere amici, per questioni di lavoro, socializzare, insomma, per condividere momenti di spensieratezza. Il resto è il contorno come il drink fatto ad hoc, la musica giusta, il team che fanno sì che le persone vivano dei momenti di aggregazione in tutta serenità. Se si leva di principio questo abbiamo già finito di parlare. Ma mettiamo caso che sia comunque possibile ricreare qualcosa di simile, come fa un titolare di un locale piccolo a sopravvivere – non dico guadagnare – con certe limitazioni? Impossibile, quindi tanto vale stare chiusi».
E ci sono altri in città che hanno deciso di temporeggiare, come la Fattoria di Masaniello: «Abbiamo deciso di non aprire il 18, ma l’1 giugno – dice Michele Ammendola. Le indicazioni trapelate (1 persona ogni 4 mq) sono molto confuse e avendo un locale che pre-covid poteva ospitare 120 persone così potremmo sì e no arrivare a una quarantina. Pertanto abbiamo deciso di aspettare. Essendo un locale a vocazione esterna e avendo un parco di oltre 2mila metri quadrati, ne stiamo approfittando per fare un restyling dei nostri locali (dal 20 di giugno cambieremo nome) e anche per adeguare il parco per permettere agli amici che ci vengono a trovare di farlo in totale sicurezza. Speriamo comunque che questo primo passo non faccia alzare nuovamente i contagi e di tornare quanto prima alla normalità».
Positivo invece Giovanni Mazzoni dell’Ex Forno del MAMbo: «Sicuramente c’è un po’ di timore e molta attenzione in quella che sarà la nuova vita di un bar. Ma anche molta curiosità, e crediamo che non bisogna avere paura. Per il 18 siamo pronti comunque, ci siamo riforniti del materiale di base in attesa di saperne di più. E siamo molto contenti di ripartire, perché ci mancano le persone, siamo contenti di rivederle anche se dietro una mascherina. E va bene così, perché non possiamo fare altrimenti. L’unica cosa che vogliamo fare è lavorare».