Il quartiere operaio, popolare e antifascista, non privo di contraddizioni. Animato soprattutto da studenti tra osterie, pizzerie e bar dai prezzi economici. Basta leggere i due commenti più recenti sulla pagina di TripAdvisor dedicata a San Lorenzo per capire la crisi d’identità che sta vivendo uno dei quartieri romani che per gran parte del secolo scorso si è contraddistinto per la sua fama di zona “rossa” e antifascista, popolare e sanguigna, ospitale e accogliente.
5 stelle
Un quartiere diverso
«San Lorenzo è cambiato. Il fenomeno dello spaccio è sparito e le orde di ragazzini ubriachi si sono spostate verso Pigneto e Centocelle. Questo quartiere è diventato più turistico mantenendo il fascino puro della romanità. Sono nati nuovi locali e ristoranti che hanno alzato l’età degli avventori di questo quartiere tutto da scoprire». Data dell’esperienza: dicembre 2019. Tipo di viaggio: Ha viaggiato in coppia.
1 stella
Degrado sempre peggio
«Un quartiere storico, a due passi dal centro. Studenti della Sapienza, locali per mangiare e bere. Il tutto immerso nella spazzatura che gli educati avventori lasciano ovunque, urinando in qualsiasi angolo o portone gli venga comodo. La puzza di urina e altre cose è insopportabile, così come pure l’odore di marijuana a certe ore serali. Posteggio selvaggio e l’incuria generale rendono veramente sgradevole passeggiare per queste vie. Nulla è stato fatto in questi anni e si continua a peggiorare. Da evitare…». Data dell’esperienza: settembre 2019. Tipo di viaggio: Ha viaggiato in coppia.
Ed è vero: San Lorenzo oggi incarna tutte queste contraddizioni. Ma non solo. Qui a complicare le cose è stata pure la disgregazione identitaria della Sinistra, soprattutto quella extra-parlamentare… Da sempre radicata nel quartiere. Per cui, sì, passeggiare dentro San Lorenzo è un po’ come entrare in un gigantesco centro sociale incastonato tra la Stazione Termini, l’Università La Sapienza, il Cimitero Monumentale del Verano e lo scalo ferroviario: manifesti di cortei, murales, falci e martelli, tag, adesivi, poster, scritte sovversive ovunque, flyer di concerti punk e serate techno… Ma l’incuria – con l’abbondare di bottiglie di birre abbandonate, sporcizia, feci di cani sui marciapiedi – e l’impatto della gentrificazione – con la scomparsa di tanti sanlorenzini doc, i b&b che nascono come funghi, la chiusura di molti laboratori artigianali sostituiti da ristorazione “mordi e fuggi” e decine di negozietti bengalesi – rischiano di disgregare in parte quel tessuto “popolare” creato da chi il quartiere lo viveva come proprio, identificandosi appieno con la sua storia e la sua identità. E ora si scontra con chi invece lo sfrutta part-time.
E quindi sì, a San Lorenzo convivono simultaneamente disagio e partecipazione, spaccio e senso di comunità, inciviltà e aggregazione, mercificazione e senso di appartenenza. È come se l’appiattimento e l’omologazione culturale – con tutti i mal di pancia populisti annessi – cercassero di scalfire pian piano la Storia del quartiere e le sue roccaforti comunitarie. A volte si ha la sensazione che San Lorenzo sia una bomba pronta a esplodere. Come nell’ottobre del 2018 dopo la tragedia di Desirée Mariottini, la sedicenne violentata e morta di overdose, nell’indifferenza di chi le stava attorno, in uno stabile abbandonato in via dei Lucani dove si spacciava eroina. Furono accusati di violenza e omicidio 4 immigrati (poi arrestati), e Matteo Salvini – all’epoca vicepremier e Ministro degli Interni – annunciò che sarebbe arrivato per fare giustizia. Quel giorno si creò una vera frattura intestina: mentre una folla di sanlorenzini e attivisti dei centri sociali locali riuscì a bloccarlo a metà della via, dietro il cordone della polizia altri lo applaudivano mentre evocava ruspe e rimpatri. E così ancora oggi il ritornello «non se ne può più di tutti questi immigrati» convive con le scritte «A San Lorenzo nessuno è straniero». Un segno della crisi che minaccia anche le fondamenta identitarie e storiche del quartiere: accoglienza, integrazione, unità.
A San Lorenzo convivono simultaneamente disagio e partecipazione, spaccio e senso di comunità, inciviltà e aggregazione, mercificazione e senso di appartenenza
Eppure è dall’immigrazione che tutto è cominciato. 1880, Roma è stata da poco dichiarata Capitale d’Italia, la gente ci si riversa da tutta la penisola. Nascono così nuovi quartieri, tra cui San Lorenzo. Un incrocio di popoli, come quello che oggi segna il reticolo ortogonale delle sue strade: via dei Marsi, dei Lucani, dei Sabelli. Ma anche dei Marrucini, degli Equi, degli Aurunci. Le prime abitazioni vengono costruite accanto all’attuale Porta Tiburtina (anche detta Porta San Lorenzo, da qui il nome del quartiere). Ai palazzi popolari si affiancano piccole fabbriche. Una città nella città, popolata da operai, ferrovieri e artigiani. Nel primo dopoguerra la sua identità si rafforza: la sezione Socialista in via dei Sardi e la parrocchia dell’Immacolata svolgono il ruolo di centri aggregativi, culturali e assistenziali; il sentimento antifascista anima tutti gli anni Venti e Trenta. Nel 1922 San Lorenzo paga a caro prezzo il tentativo di bloccare la Marcia su Roma, subendo il giorno dopo una violenta rappresaglia. Cinquecento fascisti irrompono nel quartiere, 13 abitanti perdono la vita, oltre 200 restano feriti. Ed è da quel momento che il colore rosso inizia a sgorgare tra le sue strade come un fiume in piena, connotando lo spirito di chi le popola.
Con i bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale l’esodo dal quartiere appare per molti come una scelta inevitabile. Si ripopola con una nuova generazione di lavoratori durante la ricostruzione, e più tardi con gli studenti, quando La Sapienza diventa università per le masse. Sono gli anni Settanta, impazza il fermento della protesta giovanile. La struttura sociale del quartiere cambia ancora una volta: arrivano artisti e intellettuali. Il dismesso Pastificio Cerere (una fabbrica di pasta attiva dal 1905 fino al secondo Dopoguerra) si popola di creativi, critici ed esponenti dello spettacolo dando vita a una sperimentazione artistica quotidiana (un lascito tutt’oggi attivo, anche considerando che la Fondazione Pastificio Cerere, nata nel 2004, promuove e diffonde con continuità l’arte contemporanea). A San Lorenzo c’è posto per tutti – non a caso esiste anche una generica via dei Tizi: un approdo dove sentirsi a casa. Rivoluzione industriale, guerre, bombardamenti, lotta studentesca: il quartiere, abituato ai grandi scossoni epocali, ha sempre trovato la forza di rinsaldarsi. E sicuramente saprà farlo anche stavolta risolvendo l’attuale crisi d’identità. Ché lo spirito barricadero ce l’ha impresso nel DNA.
Un vortice immaginifico al tempo stesso nostalgico e paradossale, emozionale e disilluso
Oggi camminare per le strade di San Lorenzo significa fare un’esperienza immersiva in cui passato e presente si fondono in un vortice immaginifico al tempo stesso nostalgico e paradossale, emozionale e disilluso. La mattina in mezzo ai banchi del Mercato di San Lorenzo è facile scambiare due chiacchiere con le anziane signore del quartiere, e quasi sicuramente tra una battuta e l’altra ci scapperà quell’immancabile «San Lorenzo non è più quello di una volta». Di giorno nel quartiere si respira un’atmosfera tranquilla, rilassata: sì, quasi paesana. Poco più in là c’è lo storico Bar Marani col suo tetto d’edera, i suoi tavolini semplici e ospitali, l’ottimo spritz. E proprio da quell’angolo così quieto inizia invece la parte di via dei Volsci più politicizzata e “violenta” negli anni Settanta.
Basta chiudere gli occhi per immaginare gli scontri tra studenti, compagni e attivisti contro le forze dell’ordine: le urla, le fughe, l’odore acre dei lacrimogeni, le manganellate. È lì che c’è la sede di Radio Onda Rossa e poco più avanti al numero 32 c’era la sede dei Comitati Autonomi Operai, meglio conosciuta come Autonomia Operaia. Nel mezzo, incastonato su una parete vicino a una saracinesca abbassata, un murales che recita “Valerio Il tuo sapere La nostra vita” dedicato a Valerio Marchi – sociologo, storico dei movimenti giovanili, militante antifascista, skinhead, ultrà della Roma, libraio e scrittore, scomparso nel 2006 a soli 51 anni – che proprio lì aveva aperto la sua Libreria Internazionale, un luogo che negli anni era diventato il cuore pulsante di tutte le sottoculture nate dalla strada.
Da non dimenticare anche via dei Marsi, la strada che ha ospitato la sede di Radio Città Futura, del PCI, del PSDI, della DC, di Lotta Continua, della birreria Wührer (edifico che oggi ospita la facoltà di Psicologia), della prima «Casa dei Bambini» montessoriana. E questi sono solo due scorci di un quartiere che da ogni angolo e sampietrino sprigiona storie di partecipazione politica, cultura underground, impegno civico e aggregazione. Ancora oggi a San Lorenzo sono attivi centri sociali (ESC, Communia, l’esperienza del Nuovo Cinema Palazzo) e realtà come l’Esercito della Salvezza, l’Atletico San Lorenzo e la Palestra Popolare che testimoniano lo spirito sociale e popolare del quartiere. In mezzo a tutto ciò – tra i palazzi ancora mutilati dalle bombe – locali notturni, bar, paninoteche. E poi tante librerie (da segnalare Giufà, Tomo e la libreria anarchica Anomalia), complice la vicinanza con l’Università La Sapienza – l’ateneo più grande d’Europa -, che quasi per uno scherzo del destino si erge lì con i suoi venti ettari di puro razionalismo.
La musica è un’altra linfa vitale del quartiere, tra locali per live e dj set. Molti negli anni hanno purtroppo chiuso i battenti (Trecentosessantagradi, Locanda Atlantide, Mads, Lian Club…), altri resistono (Le Mura, Wishlist, Beba Do Samba…), altri ancora sono nati di recente come Scalo Playground. Tra le band e i progetti musicali che hanno a che fare con il quartiere citiamo Assalti Frontali, Banda Bassotti, Fleurs Du Mal, il giovane e coraggioso collettivo Misto Mame (nato proprio in un appartamento di San Lorenzo, da qui il loro claim “residente in 00185 Roma”), gli Psicologi, Giovane Giovane, Dola. Ma soprattutto San Lorenzo è stato la base di uno dei più importanti e rimpianti negozi di dischi della Capitale: Disfunzioni Musicali, che dal 1981 al 2007 è stato la mecca di tutti i musicofili romani e non solo. Dalle sue ceneri è nato Transmission, ancora attivo e fornitissimo (sia nuovo sia usato) in via dei Salentini. Recentemente ha aperto Il Mangiadischi, piccolo negozietto che unisce birre artigianali e vinili hip hop, soul, funk, jazz e anche un po’ di rock.
Impossibile non citare quanto il quartiere sia pieno zeppo di osterie e pizzerie, di ogni tipo e per tutte le tasche. Lo sapete perché sono così tante? La risposta me l’ha data un anziano sanlorenzino una volta in fila al supermercato: «Perché qua c’è il cimitero del Verano. La gente ci veniva da fuori per i funerali e le famiglie si ritrovavano dopo tanto tempo e volevano sta’ insieme e magna’… Per questo ci sono tante osterie belle come il sole». Altro che TripAdvisor.